Negli ultimi giorni, Donald Trump ha rilasciato una serie di dichiarazioni destinate a far discutere, in particolare riguardo alla questione di Gaza. Durante un viaggio sull’Air Force One diretto a New Orleans per il Super Bowl, l’ex presidente degli Stati Uniti ha espresso apertamente la sua visione per il futuro della Striscia, affermando: “Siamo impegnati ad acquistare e possedere Gaza”. Parole che hanno immediatamente acceso il dibattito internazionale e suscitato la reazione di Hamas e della comunità palestinese.

Trump e il suo “piano” per Gaza

Secondo quanto riportato da diverse testate, Trump avrebbe delineato un piano per il futuro del territorio palestinese basato sulla completa demolizione delle infrastrutture esistenti e una successiva ricostruzione sotto “auspici” americani o di altri Paesi del Medio Oriente. “Non c’è nulla in cui tornare a vivere. Il posto è un cantiere di demolizione. Tutto verrà demolito. Non si può vivere in quegli edifici adesso. Ne faremo un buon sito per un futuro sviluppo da parte di… qualcuno. Sarà meraviglioso – ha ribadito – le persone potranno venire da tutto il mondo e vivere lì”.

L’ex presidente ha poi aggiunto che gli Stati Uniti si prenderanno “cura dei palestinesi”, assicurandosi che “non vengano assassinati” e che Hamas non possa mai più tornare al potere nella Striscia. Un’affermazione che ha provocato l’immediata replica del gruppo islamista, il quale ha denunciato le parole di Trump come una chiara volontà di colonizzazione del territorio palestinese. “Gaza non è una proprietà da vendere e comprare. È parte integrante della nostra terra palestinese occupata”, ha dichiarato Izzat al-Rishq, membro dell’ufficio politico di Hamas.

Le implicazioni politiche e diplomatiche

Le parole di Trump hanno destato allarme non solo tra i palestinesi, ma anche tra diversi leader mondiali. La comunità internazionale ha sempre considerato Gaza un territorio con diritto all’autodeterminazione, e qualsiasi progetto di ricostruzione dovrebbe includere il coinvolgimento diretto della popolazione locale e delle autorità palestinesi.

Trump, nel suo tipico stile diretto e senza filtri, ha invece lasciato intendere un approccio basato sulla dominazione americana, sollevando dubbi sulla fattibilità e sull’accettabilità di un simile piano. L’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno immediatamente ribadito la necessità di una soluzione diplomatica che rispetti il diritto internazionale e le esigenze del popolo palestinese.

Il parallelo con l’Olocausto: una dichiarazione controversa

Oltre alle sue affermazioni su Gaza, Trump ha parlato anche degli ostaggi israeliani recentemente liberati, paragonandoli ai sopravvissuti dell’Olocausto. “Assomigliavano agli ebrei della Germania nazista”, ha detto, riferendosi alle condizioni in cui sono stati trovati. “A un certo punto, perderemo la pazienza. Eli Sharabi, Or Levy e Ohad Ben Ami sembravano sopravvissuti all’Olocausto. Erano in condizioni orribili, erano emaciati… e non so per quanto tempo ancora potremo sopportarlo”.

Questa dichiarazione ha generato forti reazioni, sia in Israele che negli Stati Uniti. Il paragone con l’Olocausto è stato giudicato inopportuno da diversi esponenti della comunità ebraica, che hanno sottolineato l’importanza di evitare parallelismi storici azzardati.

Il sogno di Trump: “acquisire” il Canada

Nel corso dello stesso intervento, Trump ha fatto anche un’altra affermazione sorprendente, sostenendo che il Canada dovrebbe diventare il “51esimo stato degli Stati Uniti”. “Penso che il Canada starebbe molto meglio se diventasse il 51esimo stato, perché perdiamo 200 miliardi di dollari all’anno con il Canada, e non permetterò che ciò accada. È troppo. Perché stiamo sostanzialmente pagando 200 miliardi di dollari all’anno in sussidi al Canada? Ora, se diventassero il nostro 51esimo stato, a me non dispiacerebbe farlo”, ha dichiarato l’ex presidente.

Questa affermazione ha provocato reazioni ironiche e preoccupate sia in Canada che negli Stati Uniti. Se da un lato è chiaro che Trump stava parlando in modo provocatorio, dall’altro le sue parole evidenziano un atteggiamento di superiorità verso il vicino settentrionale che potrebbe incrinare ulteriormente i rapporti diplomatici tra i due Paesi.

Le reazioni internazionali e il futuro della politica estera americana

Le dichiarazioni di Trump, sia su Gaza che sul Canada, evidenziano la sua visione politica improntata a un nazionalismo aggressivo e a una strategia di dominio economico e militare. La sua retorica continua a polarizzare l’opinione pubblica, sia negli Stati Uniti che all’estero, e solleva interrogativi su quale potrebbe essere il futuro della politica estera americana nel caso di un suo ritorno alla presidenza.

Se da un lato le sue dichiarazioni su Gaza possono essere interpretate come un tentativo di rafforzare il supporto dell’elettorato filo-israeliano, dall’altro rischiano di minare ulteriormente le possibilità di una soluzione pacifica nel conflitto israelo-palestinese. Allo stesso modo, le sue parole sul Canada, sebbene pronunciate in un contesto meno serio, potrebbero incrinare i rapporti con Ottawa e sollevare dubbi sulla stabilità delle relazioni internazionali sotto un’eventuale nuova amministrazione Trump.