Alla vigilia del vertice convocato in Regione per trovare una soluzione che scongiuri la chiusura della Next Elettronica, i lavoratori incrociano le dita sperando si tratti dell’agognata svolta in positivo della travagliata vicenda che li ha visti protagonisti della prima esperienza calabrese di Workers buy out.

Il coraggio di ripartire

Dopo aver raccolto i cocci della fallita Freelink in cui erano impiegati in questo stabilimento per la produzione di componenti elettronici, hanno messo insieme 320 mila euro per rilevare l’azienda e costituire una cooperativa con il sostegno del fondo mutualistico di Legacoop e dell’investitore istituzionale CFI vigilato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Complice il periodo Covid però, ed anche le tempistiche delle farraginose procedure burocratiche, le somme erogate dai soci sovventori si sono rivelate insufficienti per ritornare a pieno regime in un mercato in continua espansione. Per cui ad oggi la Next, come una Ferrari priva di carburante, avrebbe le carte in regola per riavviare la produzione, ma non la liquidità per aggiornare i software e le certificazioni di qualità necessarie per intercettare le commesse. Il suo destino si intreccia con chi ha creduto nel progetto e adesso rischia di rimanere con le pive nel sacco: ««Abbiamo dato fondo a tutte le nostre risorse – sottolineano i soci della cooperativa che pur di mantenere l’azienda a galla e chiudere il bilancio hanno rinunciato alle spettanze nel frattempo maturate – Ancora speriamo che dalle istituzioni possa giungere un’ancora di salvataggio».

Rischio fallimento per tutti

Secondo il segretario della Fiom Cgil Calabria, Umberto Calabrone, «c’è la necessità di fare chiarezza sul futuro. Il fallimento di questa esperienza sarebbe una sconfitta per tutti. Ci aspettiamo dalla Regione, ma anche dai soci sovventori, un intervento concreto». Una delle vie d’uscita potrebbe essere l’ingresso di nuovi capitali: in questo senso sono stati avviati dei sondaggi con alcuni imprenditori. Ma sulla Next Elettronica pende nel frattempo l’avviso di sfratto della società finanziaria con cui è stato stipulato un contratto di leaseback. Alcuni canoni scaduti non sono stati pagati per cui, se non interverranno fatti nuovi, il 2 febbraio prossimo sulla questione potrebbe definitivamente calare il sipario.