L’infarto miocardico rappresenta uno dei più gravi eventi cardiovascolari e ogni anno colpisce, in Italia, circa 120.000 pazienti. Circa il 20% dei casi risulta essere letale, quando causa un arresto cardiaco precoce. L’infarto miocardico avviene quando il flusso di sangue diretto al muscolo cardiaco è fortemente limitato o interrotto dalla presenza di un restringimento o un’occlusione di una o più arterie coronarie. Ciò causa il mancato apporto di ossigeno alle fibre muscolari cardiache che quindi vanno dapprima in sofferenza ischemica e successivamente, qualora il flusso non venga ripristinato in tempi brevi, si danneggiano irreversibilmente fino alla necrosi.

Le cause dell’infarto miocardico

La principale causa dell’infarto è l’aterosclerosi, cioè una condizione patologica caratterizzata da alterazioni della parete vascolare, che perde la propria elasticità, e da formazione all’interno delle coronarie di placche costituite da accumuli di calcio, colesterolo, cellule infiammatorie e materiale fibrotico. Questo processo progredisce nelle coronarie spesso in maniera del tutto asintomatica fino a quando la placca aterosclerotica si rompe o si infiamma e sulla superficie si forma improvvisamente un coagulo (trombosi) che occlude il vaso.

Sintomi dell’infarto miocardico

Il sintomo tipico è il dolore oppressivo toracico, descritto spesso come una morsa al centro del petto, che può irradiarsi a livello del collo, delle braccia (prevalentemente a sinistra), delle spalle e della mandibola. Il dolore può avere intensità variabile, può essere costante o intermittente, e associarsi ad altri sintomi quali sudorazione fredda, spossatezza e senso di nausea. A parte questa sintomatologia “classica” che deve subito far scattare l’allarme, l’infarto può presentarsi anche con sintomi più sfumati, soprattutto nei pazienti diabetici, quali dispnea, astenia, bruciore toracico e/o addominale, dolore dorsale, malessere e capogiri. Fondamentale è la tempestività della diagnosi, che può avvenire, soprattutto nell’infarto miocardico acuto, mediante un semplice elettrocardiogramma. Nei casi in cui l’ECG non dovesse essere dirimente per la diagnosi, di fondamentale aiuto sono i famosi enzimi cardiaci, marker di danno miocardico che vengono rilasciati nel circolo sanguigno durante l’infarto, in particolare la Troponina che rappresenta il marker più sensibile.

L’INFARTO PUÒ PRESENTARSI ANCHE CON SINTOMI PIÙ SFUMATI, SOPRATTUTTO NEI PAZIENTI DIABETICI, QUALI DISPNEA, ASTENIA, BRUCIORE TORACICO E/O ADDOMINALE, DOLORE DORSALE, MALESSERE E CAPOGIRI.

Prevenzione e vita sana

I fattori di rischio per l’infarto sono diversi e possono essere non modificabili, come la familiarità per malattia cardiovascolare (parenti di primo grado colpiti da infarto sotto i 65 anni) e l’età, o possono essere legati allo stile di vita, come ad esempio il fumo, la sedentarietà, lo stress cronico, l’uso di droghe (in particolare cocaina e anfetamine), o un’alimentazione scorretta che può favorire l’ipercolesterolemia, il diabete mellito, l’obesità e l’ipertensione. Proprio su questi fattori è necessario attuare un’attenta campagna di informazione per aiutare i pazienti ad avere uno stile di vita sano e a sottoporsi a periodici controlli, quali visita cardiologica, elettrocardiogramma a riposo e durante sforzo che possano smascherare delle situazioni a rischio anche in assenza di sintomatologia.