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La sanità calabrese ne uscirà ancor più danneggiata dall’autonomia differenziata. Ne sono convinti Giuseppe Guido e Vincenzo Casciaro, segretari generale e della Funzione pubblica della Cgil Sibaritide Pollino Tirreno.
A loro dire «tredici anni di commissariamento non sono più sopportabili», mentre la scelta di prolungare il commissariamento della sanità calabrese «può fare comodo al presidente/commissario Occhiuto e al governo centrale, non altrettanto si può affermare per il sistema sanitario regionale».
Nel ricordare, poi, che i calabresi pagano l’aliquota massima dell’addizionale regionale «per colpa del commissariamento della sanità» e che quindi le conseguenze le stanno pagando direttamente i cittadini, la Cgil è dell’idea che l’autonomia differenziata non farà altro che allargare la forbice nord-sud.
«Nel frattempo – spiegano ancora Guido e Casciato – è lievitata la migrazione sanitaria, il cui costo è diventato una delle più importanti voci di spesa della Regione: solo lo scorso anno oltre 300 milioni di euro spesi dalla Calabria a favore di altre Regioni, come la Lombardia, il Lazio, l’Emilia Romagna, con una tendenza costante alla crescita. I problemi purtroppo non finiscono qui. Proprio in questi giorni, il Parlamento sta accelerando sullo scellerato patto politico di maggioranza, denominato autonomia differenziata, che altro non è se non l’applicazione del principio per cui ogni Regione spenderà sulla base della spesa storicizzata, di fatto eliminando la solidarietà nazionale. In pratica – avanzano dalla Cgil comprensoriale – in attuazione dell’autonomia differenziata, ogni Regione potrà spendere sulla base della ricchezza da essa stessa prodotta, e comunque in base a quanto speso finora. Ecco i vantaggi per il governo e per le Regioni del nord, favorevoli all’autonomia differenziata: la minore spesa sanitaria calabrese, imposta tramite il commissariamento, costituirà il futuro tetto di spesa sanitaria della Calabria; ma il bisogno di sanità, che non potrà (come già oggi) essere soddisfatto nella nostra Regione, continuerà ad essere garantito dalle altre Regioni, obbligando i calabresi a ulteriore spesa per migrazione sanitaria».
Ecco perché, a loro dire, è ancora più urgente ritornare al regime della gestione ordinaria della sanità calabrese. «Il commissariamento, infatti, ha ulteriormente abbassato i livelli essenziali di assistenza, ha impedito gli investimenti infrastrutturali più importanti e ha bloccato il turn over, con il risultato che, oggi, in tutta la Calabria non c’è struttura sanitaria, che non sia carente di personale». E questi “dimagrimento” imposto alla sanità calabrese, «rischia di fare da apripista (in quanto spesa di futuro riferimento) all’interno di una riforma costituzionale, l’autonomia differenziata, in cui gli egoismi regionali – chiosano Giuseppe Guido e Vincenzo Casciaro – avranno la meglio sui principi di sussidiarietà e solidarietà nazionali».