Tra poco le Province dovranno formulare, sentiti i Comuni del territorio, l’ipotesi di dimensionamento scolastico da proporre alle Regioni, che stabilisce, nel rispetto del numero complessivo di autonomie scolastiche loro assegnate, l’accorpamento delle scuole per la costituzione degli Istituti autonomi. Un’istituzione scolastica autonoma è quella dotata di un proprio Dirigente Scolastico (DS) e di un Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA). Ha personalità giuridica e autonomia amministrativa: cioè non dipende da altre scuole, ma fa parte della rete nazionale.

Quindi la soppressione di un’autonomia scolastica non comporta necessariamente la soppressione dei punti di erogazione del servizio, dei plessi scolastici o delle scuole, ma l’accorpamento di scuole che prima avevano lo status di Istituti autonomi con altre scuole; in pratica da due istituti prima autonomi se ne formerà uno solo accorpato con un unico dirigente scolastico e un DSGA e un solo ufficio di segreteria, sicuramente più corposo numericamente rispetto ai due singoli uffici precedenti, ma meno rispetto alla somma dei due contingenti precedenti.

La legge nazionale 13 luglio 2015, n. 107 (cosiddetta “Buona Scuola”), che regolamenta il dimensionamento scolastico — cioè la distribuzione e il numero delle autonomie scolastiche attribuite alle Regioni, prevede che il Ministero dell’Istruzione assegni a ciascuna Regione un contingente di autonomie scolastiche, in base alla:

  • popolazione scolastica
  • caratteristiche territoriali
  • presenza di aree interne o montane.

Più recentemente i legislatori hanno aggiornato i criteri di calcolo del numero di autonomie scolastiche regionali in vista del nuovo piano nazionale di dimensionamento per gli anni scolastici successivi al 2024/2025:

  • Numero degli alunni per regione, di gran lunga il criterio principale; a livello nazionale si prevede una media di circa 900 alunni per autonomia scolastica, come parametro di riferimento
  • Applicazione di parametri correttivi territoriali che tengono conto dell’estensione del territorio regionale, della presenza di aree montane, interne o a bassa densità abitativa, della presenza di piccole isole, di particolari situazioni di disagio infrastrutturale o socioeconomico
  • Restano fermi, salvo deroghe regionali, i limiti di alunni già fissati e cioè: scuole normali minimo 900 alunni per mantenere l’autonomia, scuole in zone montane, isole o aree disagiate minimo 600 alunni.

Come detto, occorre sottolineare che tra i tre criteri specificati per la determinazione del numero delle autonomie scolastiche assegnate a ciascuna regione, quello di gran lunga prevalente è il primo, in quanto i coefficienti correttivi relativi al secondo parametro sono molto bassi e l’applicazione del terzo criterio comunque non varia il numero complessivo di autonomie assegnate.

In base a tali criteri alla Calabria nell’a.s. 2024-25 sono state assegnate 281 autonomie scolastiche, poi aumentato a 287, a fronte delle 360 dell’a.s. precedente, con conseguente soppressione di ben 73 autonomie scolastiche (più del 20% del totale). Essendo la programmazione triennale per gli a.s.2025-2026 e 2026-2027 il numero delle autonomie scolastiche si ridurrà a 279 e 276 rispettivamente.

Le Regioni poi ripartiscono il numero complessivo di autonomie scolastiche tra le province e per la Provincia di Cosenza il numero di autonomie assegnate per l’a.s. 2024-2025 è pari a 108. La Regione Calabria ha emesso delle linee guida in base alle quali ha effettuato la ripartizione delle autonomie tra le Province e alle quali devono attenersi queste ultime per la definizione sul territorio delle Scuole autonome. Gli obiettivi sono: 

  • riorganizzare la rete scolastica tenendo conto del calo demografico, della dispersione scolastica, delle disuguaglianze territoriali, economiche e sociali 
  • Salvaguardare le aree interne, periferiche, montane, riconoscendo le specificità locali
  • Migliorare l’offerta formativa in qualità, accessibilità, completezza, mediante “poli” educativi, liceali, tecnici-professionali, che aggregano istituzioni o indirizzi in modo coerente.

Le limitazioni imposte dalla normativa nazionale però inficiano inevitabilmente l’efficacia dell’applicazione delle linee guida e il raggiungimento dei suoi obiettivi. Cosa ha comportato infatti l’applicazione del dimensionamento scolastico in Calabria? Cosa significa in termini pratici e dal punto di vista organizzativo e didattico avere un unico dirigente e un’unica istituzione scolastica laddove prima ce n’erano due?

Laddove gli Istituti sono prossimi geograficamente ci sarà ‘solo’ una maggiore complessità organizzativa e gestionale che impegnerà soprattutto il dirigente scolastico trovandosi a gestire numeri molto maggiori. Attualmente diversi dirigenti scolastici, anche in provincia di Cosenza, arrivano a dover gestire oltre 200 docenti, più di 1500 alunni (e tremila genitori), oltre 50 unità di personale ATA. Molto spesso, inoltre gli Istituti accorpati hanno indirizzi di studio differenti e, quindi, la complessità aumenta perché diverse sono le esigenze da dover soddisfare.

Ma laddove, ed è questo il caso più frequente, la scuola accorpata è numericamente piccola proprio perché dislocata in un’area interna spesso mal collegata, l’accorpamento diventa una sorta di colpo di grazia non solo per la scuola ma anche per il territorio di pertinenza; ciò riguarda soprattutto gli Istituti comprensivi (scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado).

La scuola è il servizio pubblico più importante per questi territori già sofferenti per il loro isolamento geografico, lo sanno bene i sindaci. L’accorpamento della scuola e, quindi, la dirigenza e gli uffici di segreteria collocati a diversi chilometri di distanza, comportano inevitabilmente un maggiore isolamento, una maggiore difficoltà anche nell’esercizio dell’azione didattica da parte degli insegnanti (motivazionale, in termini di continuità didattica, rapporti con le famiglie più difficili e saltuari, etc.). Insomma all’isolamento fisico si aggiungerà inevitabilmente anche una minore integrazione gestionale e didattica.

Per esplicitare meglio il problema vediamo qualche esempio di “dimensionamento monstre” attuato nella provincia di Cosenza. L’IIS Marconi – Guarasci di Cosenza accorpa scuole collocate a Cosenza, Montalto, Rogliano e Scigliano, comuni distanti tra loro fino a circa 70 km; l’Istituto Comprensivo di Mangone comprende 26 punti di erogazione del servizio scolastico raggruppati in dodici plessi situati in nove comuni differenti; l’Istituto di Istruzione Superiore San Francesco di Paola è divenuto l’unico Istituto superiore della città di Paola.

È evidente che, pur supponendo grandi capacità gestionali del dirigente scolastico, in tali situazioni la grande complessità o le enormi distanze tra scuole determinano inevitabilmente la delega sempre più spinta delle proprie funzioni ai docenti collaboratori e, conseguentemente, una minore efficacia gestionale e dell’azione didattica, un minor raccordo tra scuole, il pericolo di emarginazione e di isolamento delle sedi più svantaggiate per collocazione geografica.

Tutto ciò a fronte di un risparmio relativamente contenuto perché l’accorpamento di scuole non determina automaticamente la diminuzione di personale docente, ma solo di dirigente scolastico, DSGA e di qualche unità di personale ATA.

Allora perché si è proceduto con una riforma che, a fronte di un risparmio per i conti dello Stato relativamente basso, crea disagio e difficoltà soprattutto a quei territori già sofferenti per la loro collocazione geografica e il conseguente spopolamento? Probabilmente la spiegazione è connessa a una filosofia di Scuola intesa come Azienda la cui azione deve rispondere a criteri di efficacia, efficienza, costi ridotti. La Scuola diventa quindi non più un servizio pubblico di importanza primaria, non è più prioritaria e centrale la qualità dell’azione didattica, della formazione e istruzione degli studenti ma quest’ultima diventa solo una delle componenti del servizio offerto che viene parificato concettualmente a quello di un’azienda che produce beni materiali o servizi con obiettivi di massimo profitto.

Il dirigente scolastico diventa allora una sorta di manager impegnato fondamentalmente in compiti amministrativi, che poco hanno a che vedere con la didattica e la formazione degli studenti, che diventano sempre più assorbenti con la necessità di gestire Istituzioni scolastiche più complesse. Il necessario rapporto tra la Scuola e gli studenti e le loro famiglie diventa sempre più impersonale e sfuggente, la verifica della formazione didattica ed educativa degli studenti sempre più formale e meno sostanziale, l’orientamento degli studenti nella scelta dei loro percorsi di studio più simile a un reclutamento di iscritti utile a dimostrare all’esterno la soddisfazione della clientela.

I servizi pubblici primari non devono rispondere solo a criteri di efficacia, efficienza, contenimento dei costi. Se così si fosse ragionato nel secondo dopoguerra le zone interne della nostra penisola non sarebbero ancora servite dalla rete elettrica, non avrebbero scuole, presidi sanitari, etc. Inoltre in un’ottica più lungimirante privilegiare una formazione delle nuove generazioni di migliore qualità, estesa a tutti indistintamente, garantire i servizi primari alle aree interne, anche laddove nell’immediato risulta poco conveniente economicamente, comporterà dei benefici molto maggiori per la nazione rispetto all’incremento dei costi che nel breve periodo bisogna sopportare. In particolare impedire lo spopolamento delle aree interne è essenziale per il presidio del territorio, la salvaguardia dal dissesto idrogeologico, il rilancio del turismo montano e dei nostri borghi, la conservazione della nostra storia, patrimonio unico al mondo essendo l’Italia il paese culla della cultura di tutto l’occidente per millenni.

Forse, al contrario di quanto previsto nelle norme sul dimensionamento scolastico, bisognerebbe invece prevedere delle premialità per i docenti, i dirigenti scolastici e in generale il personale che lavora nei paesi delle aree interne; garantire i servizi pubblici primari è una condizione essenziale per impedirne lo spopolamento e l’abbandono. La speranza è che ci si renda conto che i costi di oggi sono investimenti per il domani.
*Aldo Trecroci – delegato alla scuola per il Comune di Cosenza