Un incontro su Emigrazione e Turismo partecipato, ricco di spunti e pienamente rispecchiato nel suo titolo.

“L’emozione dell’identità” è stata, infatti, alla base delle testimonianze, delle storie raccontate, dei collegamenti Oltreoceano, di progetti che potranno coinvolgere i rimasti e le nuove generazioni dei partiti, o quanti tuttora partono o ritornano, dei quali il Civico Museo del Mare, dell’Agricoltura e delle Migrazioni (MuMAM) di Cariati, di recente inserito nella Rete Nazionale dei Musei dell’Emigrazione, è diventato interprete e simbolo.

In questo primo appuntamento a carattere territoriale, si è voluto sottolineare l’aspetto emozionale che caratterizza le partenze, i ritorni e soprattutto la consapevolezza dell’appartenenza.

Il fine, è stato quello di condividere esperienze ed elaborare idee e proposte a partire dalla conoscenza della realtà migratoria di ieri e oggi e dal coinvolgimento culturale di emigrati di ritorno e italodiscendenti.

Significative la partecipazione e le presenze: del Comune di Cariati, rappresentato dalla Delegata alla Cultura Alda Montesanto e ai Turismi Antonio Scarnato, che hanno portato il saluto istituzionale; di giovani residenti nel Nord Italia e all’estero; di emigrati e rimpatriati, di associazioni del territorio, di rappresentanti delle comunità italiane di Hagen, Fellbach, Waiblingen, Bühl Baden, Stoccarda (Germania); della referente di Italea Calabria, Nella Leo e, in videoconferenza, del docente Unical Alberto Montesanto, nonchè degli italo-americani Giovanna Serafini da Belho Orizonte (Brasile) e Matias Agazio da Bella Vista (Argentina), oltre che di veri appassionati di questi temi.

Nella prima parte dell’incontro, l’emigrazione e le sue storie. Cataldo Caruso, diacono ad Hagen, partito nel 1973 a 16 anni per raggiungere il padre, oltre a lavorare ha intrapreso presso la Chiesa tedesca studi di teologia che oggi lo hanno reso un punto di riferimento religioso e soprattutto sociale non solo per la comunità cariatese e calabrese, ma anche per quelle di altre regioni del Sud Italia, “che continuano a coltivare le radici date dai genitori”; Giovanni Calabrò, anche lui emigrato da Cariati alla fine degli anni Settanta e di recente rimpatriato, ha guidato per 22 anni l’associazione “Azzurri di Fellbach”, che ha creato i primi ponti di amicizia istituzionale; Cataldo Russo, partito a soli 13 anni, nel 1968, con il lavoro abbinato a studi di settore, è diventato in Germania un imprenditore di successo nel campo della ristorazione e oggi ha realizzato il sogno di godersi la pensione nel paese natale.

Storie di vita e di un legame con la propria terra che non si è mai spezzato, insieme alla volontà di impegnarsi per il luogo natale e al desiderio dei loro figli, di viverlo e conoscerlo sempre più nei ritorni d’estate.

E ancora: Filomena Fazio, che si definisce “della generazione Erasmus”, è invece partita da Scala Coeli per studiare scienze politiche a Bologna e ora vive a Parigi, dove, dopo l’Erasmus, ha iniziato a occuparsi di internazionalizzazione presso un’università francese; nel dibattito al museo ha portato la sua idea plurale d’identità: “sono una figlia di questa terra, ma anche le esperienze che ho fatto, le persone che ho incontrato, i paesi che ho conosciuto…” e un pensiero di ritorno “solo se avesse un senso”.

In videoconferenza dall’Argentina, Matias Agazio, italodiscendente di terza generazione, non ha nascosto l’emozione di conferire con italiani nella lingua appresa da solo, sullo stimolo dei racconti del nonno Giuseppe, emigrato nel 1962, all’età di 10 anni a Buenos Aires con la famiglia. “L’italiano l’ha quasi dimenticato, ma è rimasto legatissimo a Cariati, che nel suo lontano ricordo è un paradiso”. Matias sogna di venire a Cariati col nonno, “per ritrovarlo insieme a lui”.

Dal Brasile, è invece intervenuta Giovannina Serafini, originaria del centro presilano di Campana, che vive da 45 anni a Belho Orizonte e insegna italiano nelle scuole. “Qui - ha detto tra l’altro – tantissimi italodiscendenti hanno amore per i luoghi e la cultura italiana, e un forte desiderio di scoprire le proprie origini. Per i primi emigrati il ritorno era difficile, i nipoti e i pronipoti oggi vogliono e possono venire in Italia, non nelle grandi città ma nei piccoli paesi da cui sono partiti i loro antenati”.

Le testimonianze hanno introdotto la seconda parte dell’incontro, dedicata al Turismo delle Radici, che potrebbe riguardare circa 80 milioni di persone, quanti sono i discendenti di emigrati italiani nel mondo.

Il Ministero degli Affari Esteri lo promuove con il programma Italea - ha spiegato a riguardo la referente di Italea Calabria, Nella Leo - che coinvolge comunità, musei, realtà culturali dei territori nell’accoglienza dei “viaggiatori” delle radici e di conseguenza, nella valorizzazione dei nostri luoghi, ma soprattutto è un racconto affascinante, delle generazioni che vengono dopo gli italiani che hanno fatto la scelta di partire”.

Generazioni interessate, in particolare, a risalire alle origini delle famiglie, attraverso ricerche genealogiche, che ora possono essere più agevolmente svolte grazie agli studi di genetica e all’AI, come ha spiegato, nel suo interessante intervento pure da remoto, il professor Alberto Montesanto, docente di Genetica presso l’Università della Calabria. Nel laboratorio universitario ha infatti elaborato “algoritmi di intelligenza artificiale per la ricostruzione della rete genealogica di intere comunità, che con i dati derivanti indicizzati dei registri dello stato civile, sono in grado di produrre in poco tempo ed in maniera accurata l’intera rete genealogica della comunità analizzata”. Una genealogia digitale alla portata di tutti che presto, in virtù di un’intesa tra Università e Comune, potrebbe avere nel Museo Civico di Cariati gli accessi necessari a effettuare la ricerca, “importante per conoscersi e ritrovarsi, e per alimentare questa nuova forma di turismo”.

Di tutto ciò si sono fatti interpreti Grazia Parise e Cataldo Curia, discendenti in Italia (l’una vive a Milano, l’altro a Cariati) di emigrati in Argentina nei primi anni del Novecento, che la ricerca l’hanno fatta spulciando con impegno certosino tra gli archivi disponibili con un obiettivo: conoscere e ricostruire le storie avventurose e i volti dei loro bisnonni, Vincenzo Faragò e Michele Curia e custodirne le storie, perché rimanga la memoria.

Infine, sono state proposte una carrellata di fotografie e storie di italodiscendenti giunti nel museo, meta costante di viaggiatori delle radici provenienti da Stati Uniti, Brasile, Argentina, Belgio, Germania, e delle regioni italiane del Nord.

L’incontro si è concluso con l’appuntamento a nuove riunioni operative, e con la musica e le emozioni date dal brano struggente “Terra mia”, interpretato dal cantautore Rocco Russo, cariatese residente da cinquant’anni in terra tedesca, che non vede l’ora di tornare definitivamente alle sue radici.