Più di settemila manifestanti hanno colorato Cosenza con le bandiere della Palestina, prendendosi la scena, a differenza di Milano, per i contenuti politici. Dell’assenza di altri sindacalisti e delle Istituzioni non è importato a nessuno: a sfilare c’era la stessa società civile che pianse già per Cutro
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Ieri sera in tv non si parlava d’altro che della stazione di Milano devastata. Anche le prime pagine dei giornali nazionali oggi hanno deviato il messaggio: le piazze di più di 60 città italiane colorate dalle bandiere della Palestina. In Calabria, a Cosenza per la precisione, si è avuta la maturità di non trascendere in atti che avrebbero fatto fallire l’idea di un corteo pacifico. Deviare il percorso originario verso l’imbocco dell’autostrada è stato l’unico momento di confronto (verbale) con le forze dell’ordine.
Un atto dimostrativo e simbolico, durato un amen. Mentre si sfilava, sugli smartphone dei presenti fioccavano già le condivisioni dei video di Milano e di Bologna. Nessuno, però, ha avuto il minimo sentore che potesse accadere qualcosa. Come nel 2002, quando ottantamila persone “invasero” pacificamente la città e ridussero a parole dette in libertà le affermazioni di chi profetizzava una nuova Genova in salsa calabra dopo gli arresti dei No Global.
Nel capoluogo bruzio è scesa in strada così tanta gente che non si vedeva da anni. Eppure non è raro imbattersi in serpentoni di manifestanti all’ombra della Sila. Qui il primo dato politico: l’Unione Sindacale di Base sta crescendo, allargando il proprio consenso in ogni angolo della Regione. Promotore dello sciopero generale, l’Usb ha fatto breccia in tutta Italia in modo trasversale. Se l’argomento Palestina stenta a tenere unito l’intero campo largo del centrosinistra (Calenda e Renzi i più distanti dalle posizioni di condanna ad Israele, ndr), c’hanno pensato i sindacalisti più duri e puri a raccogliere adesioni.
Nessuna bandiera di partito, solo i vessilli vietati a Gaza e quelli degli organizzatori. Così in mezzo ai portuali di Gioia Tauro e agli studenti dell’Unical mescolati a quelli delle scuole superiori, c’era l’anima della Calabria. La stessa che versò lacrime dopo la tragedia di Cutro e che denuncia ogni giorno paghe miserevoli per chi lavora nei campi in nero o per chi muore senza un contratto cadendo da un’impalcatura.
Per una volta non si sono notati gli assenti: dai sindacati alle Istituzioni, ce n’erano di facce introvabili. La loro scelta è stata bocciata dai numeri, dai settemila cittadini che hanno invocato lo stop ai bombardamenti nella Striscia e condannato il fascismo di Netanyahu. Qui la seconda riflessione, anch’essa prettamente politica. Sarebbe onesto intellettualmente riconoscere il ruolo che l’USB, spesso tenuta fuori dai tavoli di concertazione, si è ritagliata nella società civile. Quella vera, che se ne infischia delle passerelle.