Salem, giovane palestinese, è rinchiuso da sei mesi nella sezione di alta sicurezza del carcere di Corigliano Rossano. La sua vicenda prende avvio durante la richiesta di asilo nel nostro Paese, quando il suo telefono viene sequestrato dagli investigatori.

Spezzoni isolati di un filmato, nei quali invitava la società civile a sostenere la popolazione palestinese, sono stati giudicati dagli inquirenti materiale di “propaganda jihadista”. Altri video trovati nel dispositivo, diffusi in passato da note redazioni nazionali, vengono ritenuti “istruttivi”, pur non contenendo indicazioni operative.

Le accuse a suo carico fanno riferimento alle norme introdotte con il cosiddetto DDL Sicurezza, che ha ampliato il catalogo dei reati e inasprito pene e aggravanti. Uno strumento che restringe libertà e diritti di chi esprime dissenso.

La sua situazione sta spingendo molte realtà sociali a mobilitarsi. L’appello è sostenere Salem, dare spazio alla sua voce e rompere il silenzio attorno alla sua detenzione. Il 21 novembre è stato annunciato un presidio a L’Aquila durante il processo che coinvolge altri giovani palestinesi accusati di terrorismo, occasione per richiamare attenzione anche sulla posizione di Salem.