È la vigilia di Natale, tempo sospeso in cui le famiglie si raccolgono attorno a un tavolo e, quasi naturalmente, anche le comunità sono chiamate a interrogarsi su ciò che sono state e su ciò che intendono diventare. In questa atmosfera densa di attesa e di bilanci, Dentro la notizia sceglie consapevolmente di sottrarsi alla ritualità dell’ovvio per affrontare un tema di portata radicale, che già nel titolo contiene un’assunzione di responsabilità non eludibile: “Lo Stato siamo noi”. Non uno slogan, ma una dichiarazione etica, una presa di posizione che chiama in causa ciascun individuo prima ancora delle istituzioni.

Su questa linea si è mosso con chiarezza e fermezza l’editore di LaC, Domenico Maduli, tracciando un percorso nitido, coerente, privo di ambiguità: un percorso che individua nell’alleanza con il mondo della formazione, della pedagogia e del pensiero critico una necessità storica, prima ancora che una scelta strategica. Maduli non si limita a evocare un principio astratto, ma indica una direzione precisa: l’informazione non può più essere soltanto cronaca del reale, deve farsi anche strumento di consapevolezza, luogo di educazione civile, spazio di maturazione collettiva.

È in questa prospettiva che si colloca la presenza del professor Giancarlo Costabile, docente di Pedagogia dell’antimafia all’Università della Calabria. La sua riflessione si innesta con naturalezza su quella dell’editore, rafforzandola e portandola a compimento: il mondo della formazione e quello dell’informazione non solo possono, ma devono unirsi. L’unione tra l’Università e il network LaC assume così un valore eminentemente pedagogico, nel senso più alto del termine: educare non significa ammaestrare, ma fornire strumenti critici, affinare lo sguardo, restituire alle parole il loro peso specifico.

E proprio sulle parole Costabile e Maduli insistono con forza. Le parole sono importanti, non neutre, non innocue: vanno usate con rigore, con attenzione, con responsabilità. “Basta arrendevolezza”, sostiene in modo perentorio il prof. Costabile: questo è il monito che attraversa l’intera puntata come una linea di fuoco. Non esiste una Calabria condannata per destino; esiste, semmai, una Calabria che può cambiare solo se chi la abita accetta di riconoscersi come parte attiva del cambiamento. “Siamo noi a poter cambiare questa terra”: non una consolazione, ma un imperativo morale.

Nel suo intervento a Dentro la notizia, Domenico Maduli ribadisce con forza quella che è da sempre la linea editoriale di LaC: la notizia prima di tutto, il commento quando è necessario, la critica quando è doverosa. I fatti, sempre e comunque, come fondamento irrinunciabile. È su questa coerenza che LaC ha costruito, negli anni, la propria credibilità, arrivando – come sottolinea lo stesso Maduli – a “farsi Stato” nel racconto quotidiano della Calabria: uno Stato narrato nella sua verità più nuda, con i suoi mali cronici, le sue storture strutturali, ma anche con le sue immense potenzialità inespresse.

Ora, però, è giunto il tempo di un passo ulteriore. Unire informazione e formazione significa dare continuità e profondità a un impegno già assunto, portarlo oltre il perimetro della denuncia per approdare a quello della responsabilizzazione collettiva. Perché – come afferma con lucidità disarmante Maduli – “non è possibile risolvere le problematiche di questa terra delegando agli altri le nostre responsabilità”. Lo Stato non è un’entità astratta, lontana, impersonale: lo Stato siamo noi, nella misura esatta in cui scegliamo di esserlo.

Qui, inevitabilmente, si impone una riflessione. E lo possiamo dire non per sentito dire, ma da testimoni diretti: chi lavora dentro LaC conosce bene la concretezza di questo impegno. La libertà che vige all’interno del gruppo LaC non è proclamata, è praticata quotidianamente. Ed è una libertà che possono testimoniare, senza eccezione, tutti i giornalisti del network. In una terra in cui la parola spesso viene piegata, questa libertà rappresenta già una forma di resistenza civile.

Il dialogo con il prof. Costabile, incalzato dalle domande di Pier Paolo Cambareri, si sposta poi su un nodo decisivo: “Quando si parla di libertà, bisogna parlare anche di libertà dal bisogno economico. Qual è, allora, il compito delle famiglie che seguono da casa? Come può un giovane sentirsi parte dello Stato?”. La risposta di Costabile è tanto semplice quanto radicale: la democrazia ha senso solo se c’è partecipazione. E la partecipazione non è un atto spontaneo, ma un’assunzione consapevole di responsabilità.

In Calabria non siamo condannati a vivere di ombre – afferma con perentoria lucidità il professore – siamo nelle condizioni di vivere alla luce del sole”. Il sole, aggiunge, lo abbiamo già: manca, semmai, la decisione collettiva di esserne degni. È una frase che squarcia il velo dell’autocommiserazione e restituisce alla Calabria la possibilità di pensarsi non come eccezione negativa, ma come spazio di dignità possibile.

Il dibattito tocca infine il ruolo della Chiesa, che Costabile individua come centrale nel processo di sensibilizzazione, a partire dal clero fino ai cittadini. Una Chiesa che, attraverso un vocabolario rinnovato, forma anche gli insegnanti di religione destinati alle scuole e che, soprattutto a partire dal pontificato di papa Francesco, ha mostrato un’apertura autentica e concreta verso le questioni sociali, assumendole come parte integrante della propria missione.

Il saluto finale di Costabile è carico di simbolismo: un saluto ai suoi studenti e all’intera Calabria attraverso il suo “anello”, l’anello dell’abbraccio. L’attesa, l’infinito del verbo amare. Una citazione di don Tonino Bello che non chiude, ma apre: all’altro, al futuro, alla possibilità di una comunità che sappia finalmente riconoscersi come tale.

E forse è proprio questo il senso più profondo della vigilia: non attendere che qualcosa accada, ma prepararsi a essere all’altezza di ciò che può accadere. Perché lo Stato, se davvero siamo noi, comincia esattamente da qui.