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Un importante avvenimento nella clinica “Villa Adelchi” è stato programmato all’interno di un percorso di bioenergetica, musicoterapia e di gruppi esperienziali con gli ospiti della Semiresidenziale, che da tempo stanno sperimentando un percorso integrato in cui pensieri, desideri, emozioni e fantasie fanno riferimento ad un evento nazionale qual è il Festival di Sanremo, importante manifestazione canora che tiene unita l’Italia attraverso la musica e il canto.
In questa prospettiva, gli ospiti accompagnati nel loro percorso terapeutico ed espressivo dal dott. Francesco Metallo, si sono concentrati in una azione di rivisitazione di un brano storico che ha vinto la prima edizione del Festival nel 1951, “Grazie dei fiori” di Nilla Pizzi. Il brano è stato scelto dagli ospiti dopo averne discusso il testo e l’attualità del contenuto, dando significato alle parole che caratterizzano appunto il testo.
Un testo quello cantato da Nilla Pizza che ci consegna i fiori (le rose) come simbolo di pace e di possibile incontro, che rinnova la necessita di avere amore e di non avere rancori, un invito a donare amore per gli uomini lacerati nell’anima dal dolore e dalla sofferenza per le guerre, per le persone sfibrate e impaurite dalla malattia, per coloro che hanno perso la fiducia perché risucchiati nel pantano dell’indifferenza per l’Altro e che si lasciano sedurre dal luccichio del consumismo che ha svuotato la nostra vita.
In particolare “Grazie dei fiori” ci suggerisce che un nuovo inizio è possibile in quanto appare essere un inno all’amore e al rispetto, anche in presenza di un amore che finisce, la dove il testo recita: “Grazie dei fior e addio per sempre addio senza rancor“. Un testo attuale se pensiamo alla violenza sulle donne e agli amori tossici che spesso portano la donna ad essere uccisa in quanto donna, considerata “oggetto” da possedere in maniera esclusiva, negata nella sua stessa identità, privata e spogliata di ogni sentimento.
Un testo che rinnova la necessità di aprire lo spazio della comunicazione con l’Altro, del dialogo sempre aperto anche di fronte alla rottura di un sentimento, al disagio e alla tristezza di un rapporto affettivo che finisce. Il messaggio profondo perché tutti possiamo essere disponibili al dialogo e al riconoscimento dell’Altro/a, è un momento importante della iniziativa anche in considerazione dell’incontro tra le generazioni che questa iniziativa ha determinato, generando spazi di incontro e confronto tra i giovani allievi della Accademia Musicale Caccini di San Fili e gli ospiti della Semiresidenziale di “Villa Adelchi”.
Una contaminazione di affetti, di emozioni, di sentimenti e pensieri, fatta di sguardi, di voci con voci, un corpo a corpo di grazia e di bellezza, di disvelamenti di storie giovani e di storie sapienti del tempo vissuto, che ha generato una grande matrice di accoglienza e di riconoscimento reciproco, di tempi vissuti a confronto, un arricchimento di contenuti emotivi e di cultura della vita che ha contagiato il gruppo al punto che insieme, tutto il gruppo, ospiti e allievi, hanno sentito la necessità di rinsaldare e suggellare il loro incontro con il canto come a voler riproporre quanto detto da Sant’Agostino che se canti preghi due volte.
Non solo un ricordo musicale ma un incipit di amore e di conoscenza, un incontro dove la presenza umana acquista dimensione di senso e dove l’umano torna da essere la dimensione più autentica di essere al mondo, essere-insieme-all’altro. Per questo l’iniziativa degli ospiti delle semiresidenziale e dei giovani dell’Accademia Caccini che s’incontrano nel linguaggio universale della musica come linguaggio delle emozioni e delle narrazioni emotive, ci permette di riflettere sul dolore di chi soffre e ha bisogno di essere riconosciuto nella sofferenza, di essere accolto per trovare un senso per essere superato. La musica con il suo linguaggio è una festa che ci congiunge con l’anima e che s’apre alla speranza.
Per questo abbiamo l’esigenza di posare uno sguardo umano per gli ammalati nel corpo e nell’anima, per gli emarginati e gli esclusi, per coloro che vivono come esseri invisibili, che scappano da guerre e dalla miseria, che muoiono nel deserto o in mare nel loro viaggio di speranza. Il canto come momento creativo di comunione gruppale serve a dare risposte all’indifferenza e alla ruggine posata sul cuore dell’uomo, serve a donare parole calde e dialoganti per uscire dal labirinto dell’insignificanza emotiva, dal deserto del silenzio della solitudine, per non cadere nello smarrimento di questo tempo di tragedia in cui le relazioni umane sono bruciate dall’odio e dalla indifferenza, dove non ci sono più parole capaci di parlare al cuore e gesti che ci riconciliano con la nostra anima sofferente.
Questo incontro attraverso la musica e il canto con cui generazioni diverse si incontrano e si integrano ci permette di sentire che la vita può mostrarsi con la melodia del canto che dona pace all’anima, con un canto che mostri le declinazioni e il mistero della vita: un canto di vita che illumini il buio del nostro tempo tragico.
La musica come narrazione e radice di vita, come memoria del futuro capace di disvelare l’opacità della nostra indifferenza, di disvelare emozioni al nostro giorno, sia la communio che ci unisce nella gioia della festa del nostro essere-insieme, nel dare amore e non avere rancore e poter cogliere il fiore della nostra comune speranza per illuminare il nostro cammino, prima della sera, prima che il giorno finisca.