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Le proiezioni demografiche indicano che, entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità (precisamente 2. 908. 000), pari a una riduzione del 7,8 per cento. All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni.
Il calo è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile. L’analisi è stata realizzata dall’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat.
Va sottolineato che tutte le 107 province italiane monitorate in questo studio registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa, confermando che il fenomeno colpirà indistintamente tutte le aree del Paese.
Le contrazioni più importanti al Sud
Secondo l’elaborazione della Cgia, le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Mezzogiorno. Dei 3 milioni di persone in meno che occuperanno la fascia anagrafica tra i 15 e i 64 anni, la metà interesserà le regioni del Sud.
Lo scenario più critico investirà la Sardegna che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 15,1 per cento (-147. 697 persone). Seguono la Basilicata con il -14,8 per cento (-49. 685), la Puglia con il -12,7 per cento (-312. 807), la Calabria con il -12,1 per cento (-139. 450) e il Molise con il -11,9 per cento (-21. 323).
Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno il Trentino Alto Adige con il -3,1 per cento (-21. 256) la Lombardia con il -2,9 per cento (-189. 708) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,8 per cento (-79. 007). A livello provinciale, invece, la flessione più importante si verificherà a Nuoro con il -17,9 per cento.
Seguono la Sud Sardegna con il -17,7, Caltanissetta con il -17,6, Enna con il -17,5 e Potenza con il -17,3. In valore assoluto la provincia che subirà la perdita più importante è Napoli con -236. 677 persone. Tra le province meno interessate dalla contrazione segnaliamo Bologna con il -1,4 per cento, Prato con il -1,1 e, infine, Parma con il -0,6.
Tra le province della Calabria la perdita più consistente riguarderà Vibo Valentia che passerà da 93. 942 potenziali occupati nel 2025 a 80. 521 nel 2035 con un calo del 14,3%. Seguono Catanzaro (da 212. 313 a 184. 528, -13,1%), Reggio Calabria (da 323. 417 a 283. 275, -12,4%), Crotone (da 102. 339 a 90. 895, -11,2%) e Cosenza (da 422. 157 a 375. 498, -11,1%).

Previsto un progressivo rallentamento del Pil
Se si considera il declino demografico insieme all’instabilità geopolitica, alla transizione energetica e a quella digitale, nei prossimi anni le imprese sono destinate a subire dei contraccolpi molto preoccupanti. La difficoltà, ad esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già oggi, figuriamoci tra un decennio.
È importante sottolineare che chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, poiché non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi.
Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione. Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil. Va inoltre considerato che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui nostri conti pubblici.