Sul terreno di gioco, gli arbitri sono protagonisti senza mai toccare la palla. Sono atleti, uomini e donne, ma soprattutto giovani ragazzi e ragazze. Ogni volta che entrano in campo, vivono un turbinio di emozioni, sentimenti e sensazioni simili a quelli dei giocatori. Nonostante il ruolo fondamentale che ricoprono, spesso la loro presenza viene ridotta alle sole decisioni prese, ignorando i processi interni che li influenzano rapidamente.

Per evidenziare il lato umano di questi giovani arbitri, la sezione dell’Associazione Italiana Arbitri di Paola ha promosso il progetto “Le mie prime dieci gare“. All’evento hanno partecipato numerosi ospiti, tra cui esponenti del comitato nazionale dell’Aia come Michele Affinito dell’area sud, il presidente del Comitato Regionale Arbitri Calabria, Francesco Longo, il presidente della sezione paolana dell’associazione dei direttori di gara, Marco Maiorano, la psicologa e psicoterapeuta Sara Cassano, e il sindaco Giovanni Politano, e tutti coloro i quali hanno contribuito alla buona riuscita dell’iniziativa.

In un momento in cui la crisi di vocazioni è evidente, l’opportunità di interagire con esperti del mondo arbitrale rappresenta una novità fondamentale per i giovani aspiranti, offrendo loro la possibilità di sviluppare uno spirito di squadra cruciale per intraprendere una carriera che può condurre a traguardi prestigiosi, dall’arbitraggio nel calcio di serie A agli scenari internazionali.

Quando un giovane decide di intraprendere la strada dell’arbitraggio, spesso non è consapevole delle sfide che lo attendono. Il percorso inizia con una scelta cruciale tra la percezione negativa dell’arbitro come figura criticata e maltrattata e l’attrazione per un ruolo prestigioso e stimolante. La strada migliore si delinea durante il primo corso arbitri, dove i nuovi direttori di gara hanno modo di apprendere l’importanza del ruolo arbitrale non solo in termini tecnici, ma anche come opportunità di crescita personale.

Frasi come «bisogna essere arbitri tutti i giorni, in campo e nella vita» o «se siamo chiamati a rispettare le regole, dobbiamo essere noi i primi a rispettarle» non sono semplici cliché, ma concetti basilari che vengono assimilati fin dall’inizio del percorso. Attraverso un processo di crescita continuo, gli aspiranti arbitri imparano a trasformarsi da semplici “fischietti” a veri e propri arbitri, sviluppando un senso di appartenenza all’Aia e una consapevolezza della propria identità nel mondo arbitrale.