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“Codice Rosso”, la legge introduce nuovi reati. Ma non convince del tutto

La Legge 19 luglio 2019 n. 69 denominata “Codice Rosso” e recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” è entrata in vigore lo scorso 9 agosto ed interviene non solo accelerando l’adozione di eventuali provvedimenti a tutela

“Codice Rosso”, la legge introduce nuovi reati. Ma non convince del tutto

La Legge 19 luglio 2019 n. 69 denominata “Codice Rosso” e recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” è entrata in vigore lo scorso 9 agosto ed interviene non solo accelerando l’adozione di eventuali provvedimenti a tutela delle vittime di maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori, aggravando poi le sanzioni previste per gli autori, ma introduce anche quattro nuove figure di reato. In particolare si tratta dei delitti di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. revenge porn), deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (c.d. sfregio), costrizione o induzione al matrimonio e violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Si può denunciare entro 12 mesi, tutele per le “fasce deboli”

Altre novità importanti riguardano d’altronde il reato di violenza sessuale, per il quale viene esteso il termine concesso alla persona offesa per sporgere querela (12 mesi), vengono ridisegnate le aggravanti per l’ipotesi di violenza sessuale in danno di un minore e viene inserita un’ulteriore circostanza aggravante per il delitto di atti sessuali con minorenne se posti in essere in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità.

VIENE INSERITA UN’ULTERIORE CIRCOSTANZA AGGRAVANTE PER IL DELITTO DI ATTI SESSUALI CON MINORENNE SE POSTI IN ESSERE IN CAMBIO DI DENARO O DI QUALSIASI ALTRA UTILITÀ LEGGE “CODICE ROSSO”

Se lo scopo della Legge è certamente quello di far fronte al fenomeno della violenza di genere, nonché di garantire una maggiore tutela alle così dette “fasce deboli”, l’effetto immediato, secondo quanto riportato dagli organi di informazione ad un mese circa dalla sua entrata in vigore, è stato però soltanto un incremento di segnalazioni e denunce alle quali i magistrati devono fare fronte in tempi strettissimi. Il provvedimento prevede, infatti, l’obbligo per la polizia giudiziaria di comunicare al pm di turno le notizie di reato in questione, nonché l’ascolto della presunta vittima da parte di quest’ultimo entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato.

Codice rosso, qual è il punto critico della Legge?

Se, dunque, l’incremento di denunce – non ovviamente generato da un incremento dei casi –  è un fattore positivo che evidenzia come chi subisce violenza si senta in qualche modo più incentivato ad uscire allo scoperto, esso diventa un fattore negativo che scoraggia le vittime psicologicamente più deboli, quando la celerità della trattazione va a discapito dell’accertamento del fatto. Il punto critico della Legge è, infatti, dato proprio dal limite dei tre giorni che, non solo non consente una valutazione dell’effettiva necessità dell’atto, ma rende tutto urgente a priori, rallentando in modo irragionevole le attività delle Procure.

IL PUNTO CRITICO DELLA LEGGE È, INFATTI, DATO PROPRIO DAL LIMITE DEI TRE GIORNI CHE RENDE TUTTO URGENTE A PRIORI.

In realtà un “obbligo di urgenza” sussisteva anche prima dell’introduzione della novità legislativa, ma spesso esso non veniva rispettato per la tendenza di molti operatori a ridimensionare la portata delle vicende, a causa della incapacità di riconoscere contesti familiari deviati ed episodi c.d. “sentinella”, preludio a fatti criminosi più gravi. Ed il limite di questo sistema non è stato affatto superato, dal momento che con il “Codice Rosso” non si è intervenuti ad affrontare il problema della adeguata formazione di tutti gli addetti ai lavori, tanto che nel testo della legge «non sono previsti finanziamenti per la formazione delle forze dell’ordine e dei magistrati«.

Tutelare la credibilità della vittima

Pertanto, anche se il denunciante viene ascoltato dopo soli tre giorni, non è detto che egli trovi adeguata tutela, dal momento che solo chi ha competenze specifiche in materia sa bene che alla lite segue quasi sempre una fase in cui la vittima è confusa, manipolata e manipolabile e che di fronte ad inquirenti poco preparati, tenda a minimizzare l’accaduto o addirittura al contrario ad ingigantirlo con circostanze non necessarie, creando falsi positivi che ne compromettono la credibilità. In sostanza è possibile che il suo comportamento non venga interpretato correttamente o che comunque non venga esaminato sulla base di un periodo di osservazione più lungo, che la denuncia si risolva in un nulla di fatto o che possa trasformarsi addirittura in un racconto dell’orrore ai danni di soggetti in realtà incolpevoli. 

IL CODICE ROSSO FALLISCE NEL MOMENTO IN CUI NON FORNISCE STRUMENTI CONCRETI DI SOSTEGNO ALLE VITTIME CHE DECIDONO DI RIAPPROPRIARSI DELLA PROPRIA VITA.

In generale, dunque, pur considerando le ottime intenzioni della riforma, il Codice Rosso fallisce nel momento in cui non fornisce strumenti concreti di sostegno alle vittime che decidono di riappropriarsi della propria vita e non agisce in modo adeguato attraverso l’adozione di disposizioni in una prospettiva preventiva e securitaria. Pene più severe e processi più rapidi sono infatti da sempre solo palliativi che non hanno alcun effetto in termini di prevenzione. Positivo è comunque il fatto che siano previsti almeno trattamenti psicologici in carcere per gli autori di reato, al fine di consentire un loro corretto reinserimento nella società che blocchi la spirale di violenza, ma permane il forte dubbio che anche questo intervento rimanga solo sulla carta.

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