Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Infermieri in prima linea, che con i medici si sono tramutati in una sorta di soldati della Sanità. Nel pieno dell’allarme Coronavirus, al pieno servizio della collettività. Di particolare rilievo è quello svolto all’interno delle tende pre-triage. Si tratta di strutture poste al di fuori dei Pronto Soccorsi di tutta Italia dove si hanno i primi contatti con il pubblico. Non sono ancora presenti all’esterno del 100% dei locali di ricovero, ma il numero cresce di giorno in giorno a causa dell’emergenza nazionale. «Da un certo punto di vista siamo esposti ad un rischio maggiore rispetto ai nostri colleghi» spiega Marcello Deietti. A parlare con CosenzaChannel è un infermiere professionale operante presso la Casa di Cura “Istituto Ninetta Rosano – Tirrenia Hospital” (ex Clinica Tricarico) di Belvedere Marittimo.
«I pazienti seguono le regole»
Marcello Deietti, 54enne di Santa Maria del Cedro, racconta la nuova quotidianità in cui è stato catapultato. «I pazienti che vengono da noi rispettano le regole, lo fanno quasi tutti, sicuramente una percentuale alta. Ciò fa sì che ci sia fluidità e che la mole di lavoro sia sostenibile – sottolinea -. La cosa più gratificante sono i ringraziamenti. Ci danno l’idea di come la gente abbia voglia di lasciarsi alle spalle la pandemia». Il sistema sembra funzionare. «Sì, il nostro compito segue per filo e per segno le linee guida nazionali che regolano l’indirizzo del triage. L’ordine di trattamento del pubblico, svolto solo da personale professionista e qualificato, si sviluppa sulle base delle risorse disponibili e in tre fasi. Operativamente, la valutazione del paziente inizia dall’aspetto ancor prima di passare ai riscontri oggettivi – continua l’infermiere -. Quelli soggettivi, invece, abbracciano la raccolta dati di età, dolori, sintomi associati alla storia medica e misurazione dei parametri vitali».
Il materiale nelle tende del pre-triage

Deietti poi esplicita come si comporta un infermiere nelle tende del pre-triage se un paziente si aggrava. «Si esegue un percorso in delle stanze abilitate e create al momento. All’occorrenza si attiva il 118. Il materiale in dotazione? Siamo fortunati perché il minimo è garantito, ma come in tutte le strutture ne servirebbe di più. Se abbiamo paura? Sì – chiude – ma soltanto fino al momento in cui non entriamo nelle tende». Poi un soldato (della Sanità) non può averne.