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OVERTURE | Il “Sistema Cosenza”: le regole per spacciare la droga

Dalle indagini su Falbo e Sganga emerge un "Sistema Cosenza" che impone alcune regole per spacciare la droga in città e nei dintorni. Ecco tutti i dettagli.

OVERTURE | Il “Sistema Cosenza”: le regole per spacciare la droga

L’operazione “Overture”, coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta dal Nucleo Investigativo di Cosenza, mette sul piatto un tema molto importante dal punto di vista criminale. Gli investigatori sostengono che nella città di Cosenza ci sia un “Sistema” che permette di spacciare la droga in maniera autonoma, ma rispettando le regole. Il “Sistema Cosenza” è raccontato dai collaboratori di giustizia e con gli arresti di oggi emerge solo una parte di polvere da sotto il tappeto.

Uno dei filoni investigativi più interessanti di “Overture” è sicuramente quello relativo al narcotraffico. Ci sono elementi sufficienti, secondo la Dda di Catanzaro, nel ritenere che Alfonsino Falbo avesse assunto un ruolo di primo piano nella commercializzazione della droga a Cosenza. Droga e armi, quindi, come strumenti di forza all’interno del vincolo associativo che si è dimostrato solido e ben strutturato. Ognuno aveva un compito ed era obbligatorio rispettarlo. (LEGGI I NOMI DELLE PERSONE ARRESTATE)

I componenti della presunta associazione dedita al narcotraffico

Secondo la Dda di Catanzaro, Alfonsino Falbo sarebbe il promotore, organizzatore e finanziatore del gruppo dedito al narcotraffico. L’uomo, ora in carcere, avrebbe fornito agli altri appartenenti la provvista necessaria per l’acquisto della droga da immettere sul mercato, mettendo a disposizione della presunta associazione per delinquere i mezzi necessari, quali i locali dove custodire lo stupefacente e le autovetture da utilizzare per il trasporto dello stesso.

I carabinieri del Nucleo Investigativo, diretto dal maggiore Giuseppe Sacco, sono convinti che Falbo impartisse ai presunti sodali le direttive a cui attenersi nello svolgimento dell’attività illecita, ordinando il compimento di atti di intimidazione nei confronti dei debitori in ritardo con i pagamenti del stupefacente e, in alcuni casi, avrebbe aiutato i pusher del gruppo a riscuotere i proventi dello spaccio.

I ruoli di Raimondo e Gaglianese

L’altro esponente di spicco della presunta associazione dedita al narcotraffico sarebbe Sergio Raimondo che avrebbe fornito le risorse economiche necessarie per l’acquisto delle sostanze stupefacenti da impiegare nell’attività di spaccio. Secondo i pubblici ministeri Vito Valerio e Giuseppe Cozzolino, applicato alla Dda in questo procedimento penale, ma in servizio da anni presso la procura di Cosenza, Raimondo avrebbe concordato con Falbo le strategie da seguire, rifornendo Riccardo Gaglianese di cocaina e incassando i proventi dello spaccio. 

Anche la figura di Gaglianese, come vedremo in altri servizi, è al centro dello smercio della droga. In questo caso, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza ritengono che lo stesso abbia acquistato ingenti quantitativi di cocaina, che sarebbe stata commercializzata da una fitta rete di pusher. Nel capo d’accusa, infatti, figurano i nomi di Alberto Novello, Cesare Quarta, Egidio Cipolla e Manuel Forte. 

I custodi della droga

Massimo Imbrogno e Vincenzo Laurato, due uomini vicini ad Alfonsino Falbo, avrebbero custodito, trasportato e spacciato la droga. Entrambi, secondo quanto risulta dalle indagini, si sarebbero occupati di riscuotere pure i proventi dell’attività illecita. 

Non meno importanti i ruoli di Giuseppina Carbone, che secondo i carabinieri si sarebbe occupata della custodia e dell’occultamento di svariati quantitativi di droga (hashish), e di Gaetano Bartone e Gianfranco Fusaro, considerati partecipi del presunto sodalizio criminale.

Questo gruppo, così come tanti altri che operano in città, potevano commercializzare la droga perché riconosciuti e autorizzati dal “Sistema”. Secondo alcuni pentiti, il “Sistema Cosenza” è in vigore da almeno dieci anni. Potrebbe essere la mutazione (o la continuazione) di quella confederazione tra i clan che dopo la morte di Michele Bruni si erano uniti, versando i proventi illeciti in un’unica “bacinella comune”. Insomma, a Cosenza e dintorni chiunque può spacciare la droga, a patto che rispetti le regole dettate dai gruppi più potenti. I fatti contestati dalla Dda di Catanzaro partono dal febbraio del 2016 e arrivano al febbraio del 2019. 

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