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OVERTURE | Il pronostico di un indagato: «Mi danno l’associazione…»

Nel marzo del 2018 i carabinieri entrano in casa di una donna incensurata e trovano più di 10 kg di droga. "Overture" racconta la vera storia

OVERTURE | Il pronostico di un indagato: «Mi danno l’associazione…»

“Overture”, l’operazione antimafia della Dda di Catanzaro, svela intrecci criminali avvenuti più di due anni fa. Per capire meglio la situazione è necessario fare un passo indietro, tornando all’arresto di Vincenzo Lautaro, avvenuto il 23 novembre del 2017. Le forze dell’ordine sequestrano armi e droga nel magazzino di Rende, che sarebbe stato nella disponibilità di Alfonsino Falbo, ma di proprietà di uno zio di quest’ultimo. Lautaro patteggia la pena a 4 anni di reclusione e il presunto gruppo criminale si prende cura della sua famiglia e delle spese legali. (LEGGI QUI LA NOTIZIA SUL BLITZ)

Venuto meno l’apporto di Lautaro, Alfonsino Falbo si sarebbe adoperato per cercare altri soggetti disposti a custodire la droga. Massimo Imbrogno ne parla con Giuseppina Carbone, attualmente agli arresti domiciliari (LEGGI QUI LA NOTIZIA). Inizialmente si pensava che la donna avesse fatto un favore a un extracomunitario in cambio di soldi, vista la delicata situazione economica, ma in realtà Giuseppina Carbone aveva stipulato un patto con Massimo Imbrogno.

Cosa emerge dalle carte dell’inchiesta

La storia giudiziaria di Giuseppina Carbone inizia il 12 ottobre del 2017, quando la donna, insieme al figlio, entrano nella Fiat 600 di Massimo Imbrogno. I tre non sanno che i carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza hanno piazzato una microspia e parlano liberamente dell’acquisto di panetti di droga. Gli investigatori, a tal proposito, scrivono che «Giuseppina Carbone, nei giorni precedenti, ha concordato con Massimo Imbrogno l’acquisto di duecento grammi di sostanza stupefacente del tipo hashish (“panetti”) al prezzo di cinquecento euro, inferiore a quello normalmente praticato dall’Imbrogno pari a 270 – 280 euro per ogni “panetto” (la consegna dello stupefacente sarebbe dovuta avvenire il giorno prima della captazione in disamina). 

Madre e figlio, inoltre, «offrono a Massimo Imbrogno la propria disponibilità a collaborare nell’attività di spaccio e, pertanto, lo invitano a consegnare periodicamente cospicui quantitativi di sostanze stupefacente (“tredici”, “quattordici”, “venti” panetti a volta) e a indicare il prezzo che deve essere richiesto nella successiva commercializzazione» evidenziano i carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza. «Quanto alla circostanza di cui alla lettera a) si evidenzia che, pur non essendo emersa la prova della successiva consegna della sostanza stupefacente, in presenza di un accordo sul prezzo nonché sulla qualità e quantità dello stupefacente, il reato previsto dall’art. 73 DPR 309/90 deve ritenersi già perfezionato» asserisce la Dda di Catanzaro. (OVERTURE, L’ELENCO DELLE PERSONE ARRESTATE)

Quella droga in via Romualdo Montagna

«L’offerta di collaborare nell’attività di spaccio formulata» dal ragazzo e «da Giuseppina Carbone (poi concretizzatasi – come appresso vedremo – soltanto per la Carbone) è stata accettata dal gruppo Falbo il quale, dopo l’ingente sequestro di sostanza stupefacente eseguito in data 23.11.17 nei confronti di Vincenzo Laurato e, quindi, la scoperta del deposito utilizzato per custodire la sostanza, ha avvertito l’esigenza di reperire nuovi soggetti (incensurati e, pertanto, lontani da possibili “attenzioni” investigative) che garantissero l’occultamento dello stupefacente» aggiungono i carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza.

«E, infatti, dalle risultanze investigative di seguito esposte è emerso che Giuseppina Carbone, nel periodo successivo all’arresto di Vincenzo Laurato, ha fornito un importante contributo alla consorteria criminosa facente capo ad Alfonsino Falbo, custodendo presso la sua abitazione svariati quantitativi di hashish e assicurando a Massimo Imbrogno (e, quindi, ad Alfonsino Falbo proprietario dello stupefacente), volta per volta, l’immediata disponibilità dello stupefacente da impiegare nell’attività di spaccio». 

Il giorno del blitz a casa dell’indagata

Il 9 marzo del 2018 i militari del RONINV CC di Cosenza, della Stazione Carabinieri di Cosenza Principale nonché del Nucleo Cinofili Carabinieri di Vibo Valentia, nel corso della perquisizione eseguita presso l’abitazione di Giuseppina Carbone hanno rinvenuto nella cucina dell’appartamento due buste in plastica, comunemente usate per la spesa, contenenti più di dieci chilogrammi di hashish, già suddivisi in panetti da cento grammi l’uno. Inoltre, nella camera da letto del medesimo appartamento è stato rinvenuto, all’interno di un armadio, un bilancino di precisione. Il procedimento a carico di Giuseppina Carbone è stato definito con sentenza di patteggiamento, emessa il 17 maggio del 2018 dal GIP presso il Tribunale di Cosenza, con la quale l’imputata è stata condannata alla pena di due anni e otto mesi di reclusione e 3450 euro di multa. 

«Mi danno l’associazione…»

Giuseppina Carbone si è trovata in una situazione più grande di lei. Non aveva commesso alcun reato prima del blitz dei carabinieri e per questo motivo vive la permanenza in carcere con angoscia e sentimenti di pentimento per quanto successo. Capisce di aver sbagliato e promette di non ripetere più gli stessi errori. E lo confida ai parenti che entrano nel carcere di Castrovillari per avere un colloquio con lei. E in una circostanza, parlando con il figlio, che è estraneo alla vicenda giudiziaria, pronostica altre conseguenze di quel gesto. «Io ho paura che mi danno l’associazione…». Accusa che arriverà due anni e tre mesi dopo quell’incontro nella casa circondariale della città del Pollino. Giuseppina Carbone è difesa dall’avvocato Roberto Le Pera.

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