Un uomo di 50 anni originario di Cosenza, Gian Nicola Nicoletti, è riuscito a riottenere la libertà dopo aver trascorso due anni ristretto ininterrottamente presso la casa circondariale di Cosenza a seguito di una sentenza irrevocabile per un procedimento di bancarotta fraudolenta dell’esistenza del quale lo stesso, però, non era mai venuto a conoscenza. Era, infatti, l’aprile del 2014 quando a Monza aveva inizio un processo per bancarotta fraudolenta che vedeva alla sbarra proprio il cittadino cosentino. 

Sotto processo a sua insaputa

A Gian Nicola Nicoletti, però, non arrivò alcuna formale comunicazione in merito all’avvio di quel procedimento, impedendogli di fatto di nominare un difensore di fiducia e di esercitare a pieno il proprio diritto di difesa. Tanto il Giudice dell’udienza preliminare quanto il tribunale collegiale di Monza intesero sanare i rilevati difetti di notifica per l’imputato in maniera assolutamente irrituale tramite comunicazione al difensore d’ufficio, che non aveva, però, mai avuto alcun contatto con Nicoletti. Sta di fatto che l’uomo di Cosenza venne condannato a 3 anni e sei mesi di reclusione e, nell’aprile 2019, per tale motivo tradotto presso la casa circondariale di Cosenza per espiare la pena.

La battaglia legale

Dopo una lunga battaglia legale, tuttavia, Nicoletti, grazie all’intuizione e alla tenacia del proprio difensore di fiducia, l’avvocato Emilio Lirangi, è riuscito ad avere giustizia. Infatti, nella giornata di ieri, in accoglimento dell’istanza formulata dalla difesa, il giudice dell’esecuzione del tribunale di Brescia, dottoressa Paola Giordano, ha dichiarato la non esecutività della sentenza con cui il tribunale di Monza riconosceva l’imputato colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta, restituendo l’imputato nei termini per proporre l’impugnazione e disponendone l’immediata scarcerazione. 

La decisione del tribunale di Brescia

Il giudice ha riconosciuto la violazione del diritto di difesa dell’imputato non essendo stato lo stesso messo nelle condizioni di difendersi e di proporre appello attraverso la nomina di un proprio difensore di fiducia. Mancava, in sostanza la prova dell’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, con conseguente violazione delle garanzie processuali anche alla luce dell’insegnamento della Corte di Cassazione e della Corte di Strasburgo in tema di diritto alla presenza del imputato. Adesso finalmente Nicoletti può tornare in libertà e potrà far valere le proprie ragioni attraverso un regolare processo.