sabato,Maggio 18 2024

«Mio fratello disabile dimenticato per tre giorni al pronto soccorso di Cosenza»

Impedito l'accesso al fratello nonostante la norma sui caregiver in vigore da marzo: «Solo ricorrendo agli amici degli amici, sono riuscito ad avere sue notizie»

«Mio fratello disabile dimenticato per tre giorni al pronto soccorso di Cosenza»

Torna di attualità il problema dell’accesso al pronto soccorso ospedaliero delle persone con disabilità, a causa delle restrizioni del Covid che impediscono ad almeno un familiare di entrare e garantire al soggetto non autosufficiente quell’assistenza continuativa che il personale, soprattutto per la carenza degli organici, non è nelle condizioni di prestare. Anche l’Annunziata di Cosenza registra sotto questo aspetto, criticità di rilievo, come testimoniato da una lettera aperta ricevuta dalla nostra redazione, firmata e relativa alla esperienza di un soggetto affetto da una patologia invalidante, costretto a ricorrere alle cure dei sanitari per una crisi respiratoria.

Il Pronto soccorso di Cosenza “scoppia”

«Sono il fratello di un disabile ricoverato presso una struttura assistenziale nelle vicinanze di Cosenza – si legge nella missiva – Succede spesso che mio fratello abbia delle crisi respiratorie, la struttura allerta il 118 che lo trasporta al pronto soccorso di Cosenza. Naturalmente la struttura non è tenuta ad assicurare nessuna continuità assistenziale: una volta trasportato in pronto soccorso le sue responsabilità nei confronti del paziente sono terminate. Ho chiesto spiegazioni e mi hanno risposto che così prevede la legge. Il Pilatesco lavaggio delle mani. Amen. Ma torniamo alla storia: tutti quelli che purtroppo hanno avuto la necessità di recarsi al pronto soccorso dell’Annunziata sanno di cosa sto scrivendo: un pronto soccorso che raccoglie l’emergenza urgenza di una provincia enorme, per usare un eufemismo letteralmente “scoppia”. Pochi medici, spazi inadeguati, e personale insufficiente».

Il problema della carenza di posti

«In questi anni la chiusura e il ridimensionamento scellerato di molti ospedali periferici ha prodotto un aumento esponenziale degli accessi al pronto soccorso dell’Annunziata. Ci avevano detto, mentendoci, che la chiusura degli ospedali sarebbe stata compensata dal potenziamento della rete delle emergenze urgenze, ma quello che è successo è sotto gli occhi di tutti. L’unico posto a cui rivolgersi in caso di problemi urgenti di salute, sia gravi sia meno gravi, rimane il solo pronto soccorso».

«A una situazione già di per sé grave si aggiunge l’emergenza Covid. La carenza di posti letto fa sì che il pronto soccorso rimanga l’unico luogo dove “parcheggiare” i pazienti in attesa del famigerato posto letto. Potete solo immaginare cosa significa tutto questo per un soggetto disabile grave in tempi di Covid. Così come altre volte io e mio fratello che lavora fuori ci siamo occupati in prima persona dell’assistenza h24, anche ingaggiando persone specializzate. Naturalmente anche in questo caso per chi se lo può permettere. Ma questa è un’altra storia».

Assistenza consentita solo ai “caregiver”

Con l’emergenza Covid non è possibile fare assistenza diretta ai pazienti ricoverati. Mi avevano detto che con il green pass e un tampone avrei potuto assisterlo. Ma l’aumento dei casi di Covid ha dato un’ulteriore stretta anche a questa possibilità». Su questo punto c’è una diatriba aperta a livello nazionale. Se n’è parlato molto anche nell’ultima puntata della nota trasmissione di Rai Tre “Chi l’ha visto” poiché le norme in vigore già dallo scorso mese di marzo, prevedono espressamente che sia consentito ad un caregiver, con le opportune cautele, di prestare assistenza in ospedale ai disabili non autosufficienti. «Per più di trentasei ore – si legge ancora nella lettera pervenuta alla nostra redazione – non sono riuscito ad avere nessuna notizia sulle sue condizioni di salute ma solo un messaggino, dove mi si informava che era stato preso in carico dal pronto soccorso, il giorno successivo un altro messaggino che era stato ricoverato in reparto».

«Ecco come ho saputo che mio fratello era ancora in Pronto soccorso»

«Telefono in reparto e mi dicono che il paziente non si trova presso di loro e che non sanno dove sia. Chiamare il pronto soccorso è inutile: il telefono squilla per decine di minuti ma nessuno risponde. Immaginate l’angoscia. Poi scatta il riflesso della “calabresità” e ti chiedi  se l’amico o l’amico dell’amico conosce qualcuno, e cosi ho fatto, una persona gentile finalmente mi ha comunicato che mio fratello era ancora in pronto soccorso. Che fine ha fatto il posto letto che gli era stato assegnato? Mi sono ricordato che a Cosenza proprio all’interno dell’ospedale opera una struttura che si chiama DAMA che è l’acronimo di Disabled Advanced Medical Assistance. Tradotto in italiano volgare significa “assistenza medica avanzata ai pazienti disabili” che è finalizzato a definire percorsi nuovi di accoglienza medica coordinata a favore dei disabili gravi, con deficit intellettivo, comunicativo e neuromotorio” riporto letteralmente quello che è scritto sul sito, dove è indicato un numero di telefono verde a cui rivolgersi in caso di necessità».

«Ha ragione Augias a dire che la Calabria è una terra perduta»

«Ho fatto almeno una ventina di telefonate: nessuna risposta, il telefono squilla a vuoto per decine di minuti. Occuparsi di disabilità è uno dei compiti più nobili e meritevoli che ci possa essere, dire di farlo e poi non farlo è cinico, ipocrita e molto triste. Allora mi chiedo quale sia lo scopo di associazioni che sulla carta e nei pomposi convegni con ampio seguito mediatico ci comunicano delle lodevoli iniziative in favore degli ultimi? Come scriveva Andrea Camilleri “tutto teatro».

«L’altra domanda è: ma quale colpa dobbiamo espiare noi calabresi per essere trattati in questo modo? In fondo anche noi calabresi siamo Europei, l’Italia è tra le prime dieci potenze economiche al mondo, ci sono migliaia di connazionali in giro per il mondo impegnati in lodevoli  missioni umanitarie, diamo accoglienza a migliaia di profughi e ti chiedi perché in questa sciagurata regione non si riesce ad un avere un minimo di efficienza e un po’ di umanità. E se avesse ragione il noto editorialista e scrittore Corrado Augias quando ha scritto che purtroppo la Calabria è una terra perduta? Per il bene della mia regione mi auguro fortemente che abbia torto. Ma è difficile. Con infinita amarezza».

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