lunedì,Gennaio 13 2025

Da Iannicelli a Scorza: la storia si ripete. L’inganno dell’agnellino per eliminare un uomo scomodo alle cosche della Sibaritide

Come nel caso della strage avvenuta nel 2014, anche nel recente duplice omicidio commesso a Cassano, i killer hanno utilizzato un “complice” per organizzare la trappola mortale

Da Iannicelli a Scorza: la storia si ripete. L’inganno dell’agnellino per eliminare un uomo scomodo alle cosche della Sibaritide

Non si muove foglia, criminalmente parlando, che le cosche di ‘Ndrangheta non vogliano. Il contesto in cui è maturato il duplice omicidio di Maurizio Scorza e della compagna “Elena” Hedhli, è tipicamente mafioso. Sia nelle modalità che nell’agevolazione delle cosche che operano nel territorio della Sibaritide.

Il primo elemento da cui sono partiti i magistrati antimafia Giancarlo Novelli e Alessandro Riello, è una intercettazione telefonica contenuta nell’ordinanza cautelare firmata dal gip del tribunale di Catanzaro Chiara Esposito. Maurizio Scorza infatti era intercettato prima di essere ucciso da sicari professionisti arrivati forse dalla costa Jonica calabrese.

Il fatto che Scorza fosse “attenzionato” conferma, qualcosa ce ne fosse stato bisogno, l’intenzione della Dda di Catanzaro di fare “piazza pulita” anche nella Sibaritide, inteso i territori di Cassano Ionio, Trebisacce e Corigliano Rossano.

Ciò che è successo negli ultimi anni nella Piana di Sibari è sintomatico di nuovi equilibri mafiosi che sono già emersi nell’indagine “Kossa”, ovvero che le cosche Abbruzzese e Forastefano, un tempo nemiche, oggi sono praticamente un’unica cosa. Questo quindi aumenta la probabilità che ogni azione delittuosa, che sia un omicidio o altri reati (estorsione, per esempio) venga deliberata in quel contesto. È chiaro che Francesco Adduci, da come emerge dalle carte dell’inchiesta, non ha ucciso Maurizio Scorza e l’Hedhli, ma avrebbe tratto in inganno la coppia con la consegna dell’agnellino ritrovato nel cofano della Mercedes.

Un concorso in omicidio volontario aggravato dalle modalità mafiose che si ripropone a distanza di quasi 8 anni. Nel gennaio del 2014 infatti Cosimo Donato e Faustino Campilongo tesero una trappola mortale a Giuseppe Iannicelli, detto “Peppe”, che quel giorno era in compagnia del piccolo Cocò Campolongo e della moglie di origini marocchine. Stessa dinamica, quindi, utilizzata sia nel 2014 che nel 2022, sempre nel territorio di Cassano Ionio, luogo in cui Scorza è stato ammazzato e poi trasportato verso Castrovillari, nel tentativo di abbandonare la sua auto in una zona lontana da Cassano Ionio.

Qualcosa però è andato storto, visto che le indagini della Dda di Catanzaro avrebbero appurato che due vigili urbani di Castrovillari, per i quali era stata chiesta una misura cautelare (rigettata dal gip distrettuale) stavano percorrendo quella strada e oggi sono accusati di frode processuale penale, depistaggio e favoreggiamento, per non aver segnalato la presenza della macchina di grossa cilindrata. Così i killer avrebbero deciso di lasciare la Mercedes in contrada Gammellone. Tredici i colpi esplosi contro la coppia.

Cosa manca per ricostruire il duplice omicidio

Come nel caso della strage di Cassano, condannata anche da Papa Francesco, le indagini sul duplice omicidio Scorza-Hedhli, devono dire ancora tanto. Il fatto che non sia stato individuato ancora un movente, un mandante e ovviamente gli esecutori materiali, lascia presagire che il lavoro investigativo sia pressoché all’inizio. Un primo risultato però è stato raggiunto, a dire dell’accusa, rispetto ad altri omicidi eccellenti – Leonardo Portoraro, Pietro Greco, Francesco Romano e Francesco Elia – di cui ad oggi non si sa praticamente nulla. Non è facile, evidentemente, operare in quel territorio, dove prevale quel senso di omertà che favorisce chi commette reati. Ma una cosa è certa: chi indaga vuole scoprire altro. Tanto altro.

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