Omicidi a Cassano, i depistaggi dei testimoni in divisa
Due vigili urbani avrebbero avuto un incontro ravvicinato con gli assassini di Maurizio Scorza e Hanene Hedlhi senza però avvertire le forze dell'ordine
Hanno percorso la stessa strada degli assassini di Maurizio Scorza e Hanene Hedlhi detta Elena, seppur in direzioni opposte. La loro auto si è incrociata con quelle dei sicari, e da un finestrino all’altro i rispettivi sguardi hanno potuto incrociarsi a pochi centimetri di distanza. Decisamente un pessimo incontro quello che nel pomeriggio del 4 aprile 2021 è toccato a due vigili urbani di Castrovillari. Per questa vicenda hanno rischiato entrambi il carcere, forse anche qualcosa di peggio. Gli agenti, un uomo e una donna, sono oggi indagati per favoreggiamento e depistaggio aggravati dalle finalità mafiose.
L’uccisione di Elena e Maurizio
L’antefatto è tristemente noto. Alle 18.19 Scorza e la sua compagna sono trucidati a colpi di pistola nella masseria di Francesco Adduci, a Cassano. L’orario è certo perché proprio in quel momento, la povera Elena è al telefono con sua cognata che la sente urlare disperata prima che la conversazione s’interrompa. È la prima parte del piano omicidiario, la seconda prevede lo spostamento dei corpi altrove e, verosimilmente, la loro distruzione. Tempo pochi minuti, dunque, e il commando si mette in cammino, da Cassano in direzione Castrovillari: un sicario procede a bordo di un fuoristrada, l’altro è al volante della Mercedes di Scorza, con il proprietario chiuso nel bagagliaio e la Hedlhi rannicchiata sul sedile posteriore. Sono entrambi morti.
L’incontro con gli assassini
Alle 18.24 il lugubre corteo sfila sotto agli occhi di una telecamera di sorveglianza in contrada Gammellone e, due minuti più tardi, lo stesso impianto immortala l’auto di servizio della Municipale in transito dalla direzione opposta. Sono lì per doveri d’ufficio: accertamenti anagrafici, roba routinaria. Non immaginano di aver appena fatto l’incontro che segnerà per sempre le loro vite. Quella è una strada interpoderale, stretta e accidentata, l’incontro deve essere stato molto ravvicinato.
La folle corsa
La Fiat Panda dei vigili tira dritto, ma dopo un minuto e ventiquattro secondi, la cinepresa cattura nuovamente l’immagine del fuoristrada, che ha fatto inversione di marcia e torna sui propri passi in direzione Castrovillari. Hanno appena abbandonato la Mercedes con i due cadaveri poche centinaia di metri più avanti e, secondo gli inquirenti, a suggerire loro questa soluzione sbrigativa è stato proprio l’incontro non preventivato con quella pattuglia di polizia locale. Il fuoristrada sfreccia ad alta velocità, e quasi certamente riusce a raggiungere e superare l’utilitaria dei due agenti in divisa. Chissà se nella loro mente è balenata per un attimo l’idea di regolare i conti pure con loro. Se questo pensiero c’è stato, è rimasto tale.
Ritorno sulla scena del crimine
La telecamera di sorveglianza è lì, testimone immobile e silenziosa di una tragedia che volge all’epilogo. Passano altri dodici minuti e quattro secondi prima che la stessa auto dei vigili urbani faccia nuovamente capolino in direzione Castrovillari. Dalla direzione opposta, stavolta, avanza un’auto con a bordo un residente della zona, di ritorno da Spezzano Albanese. Si avvede della Mercedes ferma quasi in mezzo alla carreggiata, rallenta e sterza per evitarla, ma nota anche un dettaglio sinistro: ha due finestrini sfondati, eredità della pioggia di proiettili che mezz’ora prima si è abbattuta su di essa. Incrocia anche la Fiat Panda, poi va a casa. In serata sarà proprio lui a segnalare ai carabinieri la presenza di un’auto abbandonata in mezzo alla strada. Per Maurizio ed Elena il dramma si è consumato e non ammette un ritorno. Per i due vigili, invece, i guai sono appena cominciati.
Le bugie
A gettare un’ombra sul loro operato è soprattutto il secondo tempo di questa storiaccia, il loro ritorno sulla scena del crimine. Il primo avvistamento, infatti, la Dda lo prende con il beneficio dell’inventario: i due vigili urbani potrebbero non aver notato i finestrini infranti della Mercedes e il corpo della donna sui sedili posteriori. Potrebbero, certo. Quando però ripassano da lì e notano lo stesso veicolo fermo in mezzo alla carreggiata, non si fermano né avvertono le forze dell’ordine. Eppure, in quel momento, non avrebbero dovuto avere alcun dubbio sul fatto che quella scena rimandasse a un reato appena commesso. Quale reato, purtroppo, lo avrebbero scoperto pure loro nel giro di pochissime ore.
Vince la paura
Gli inquirenti ne tracciano un profilo impietoso. Da loro non si attendevano «un gesto eroico», ma una semplice «telefonata», cosa che invece non si è verificata. E non solo. Interrogati nell’immediatezza, i due negano addirittura di essersi mai imbattuti in una Mercedes ferma in contrada Gammellone e confermano solo di aver incrociato l’auto del residente. Quella di non intervenire, dunque, è interpretata dagli investigatori come la decisione «precisa e consapevole» di chi messo di fronte alla scelta «fra fare il proprio dovere e girare la testa la testa dall’altra parte, ha optato decisamente per quest’ultima».