giovedì,Ottobre 10 2024

«Questa Sanità mi fa schifo: ecco com’è stata trattata mia madre»

La figlia della donna, morta a novembre, scrive a Cosenza Channel per raccontare le disavventure che ha vissuto insieme alla sua cara congiunta

«Questa Sanità mi fa schifo: ecco com’è stata trattata mia madre»

Riceviamo e pubblichiamo

Mi chiamo Francesca, volevo raccontarvi la nostra esperienza con l’azienda sanitaria di Cosenza. A fine agosto mia mamma Carmela si fece delle analisi perché il covid le aveva lasciato stanchezza. Da lì inizia la corsa a fare accertamenti tutti a pagamenti per accelerare i tempi.

In ospedale fecero tutto con i loro tempi calmi. Per la biopsia siamo andati avanti per giorni: la prima fu sbagliata e successivamente fecero la seconda. Era una cosa urgente.
Diedero l’esito dopo quindici giorni arrivando al 31 ottobre, ma lei non si reggeva più in piedi. Mamma è morta il 20 novembre 2022. Andammo dall’oncologo, ci visitò e lo pagai solo per leggere le carte senza che ci fosse neanche paziente presente. A mamma riscontrarono un tumore al fegato. Andammo dalla nutrizionista perché era disidratata e aveva bisogno di sacche per nutrirsi.

Attivammo così l’ADI ma non avendo personale, ci indirizzarono verso un’associazione che doveva venire a domicilio con infermiere, Oss e medico al seguito, almeno una volta a settimana.
Ma l’infermiera veniva solo a misurare la pressione e l’ossigeno. Solo una volta si è visto il dottore. Poi siamo stati costretti ad andare a Cetraro per il PIC. Imparai ad attaccare le sacche per alimentarla e prendemmo un infermiere per le analisi, per le flebo e tutto ciò che le occorreva.

L’ADI non aveva mai il materiale né le sacche che servivano a mamma. Iniziò ad avere bisogno di piastrine. La prima volta chiamando il 118 arrivammo al Pronto soccorso e il caposala mi disse di aver sbagliato giorno e lì iniziai a gridare. Per il ritorno, c’era l’ambulanza ma a pagamento, ogni due giorni oltre ai prelievi, infermiere e tutto il resto, dovevo chiamare l’ambulanza, pagando 80 euro per il viaggio cercando, in qualche modo, di reperire contatti per avere le sacche.

Contattai un’associazione per venire a casa. La loro risposta fu: prima i prelievi (pagandoli) il giorno prima, poi dopo 24 ore la sacca che costava 70 euro. Non li chiamai perché mamma aveva bisogno immediato delle sacche. Anche in quel caso fui costretta a ingegnarmi per trovare una soluzione.

Ogni due giorni pagavamo 80 euro solo di ambulanza per non parlare delle medicine. Qualche giorno prima di morire venne un cardiologo perché aveva la visita prenotata ad un ambulatorio e io dissi: le devo qualcosa? Lui mi guardò e rispose «certo che mi deve pagare, è sabato», si prese 150 euro nemmeno 10 minuti di visita. L’unico dottore che ci è stato vicino è stato il dottore Vallone e la sua equipe. L’unico che mi ha risposto di sabato, domenica tutti i giorni e anche più volte al giorno.

Io sono piena di rabbia perché penso a tante povere persone che non possono avere assistenza dai propri figli o che non hanno la possibilità economica per sostenere tutte queste cose.
Vengono abbandonati come cani. Cerchiamo di svegliarci e guardare la realtà: cari politici non fate tante parole prima di vincere le elezioni.


Lettera firmata
Francesca

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