Tutti gli articoli di Cosenza Calcio
PHOTO
Compie settant’anni uno dei geni assoluti del pallone, Arthur Antunes Coimbra detto Zico. Come lui, solo Platini e Maradona sono stati capaci di accendere la fantasia dei tifosi, e c’è un pezzetto della sua lunga e gloriosa carriera che è legato direttamente a Cosenza. Il campione brasiliano arriva in Italia nell’estate del 1983, colpaccio messo a segno dalla “piccola” Udinese, e le sue prime uscite pubbliche, dopo un’amichevole di lusso contro il Real Madrid, sono le partite di Coppa Italia disputate nell’agosto di quell’anno. La prima in casa contro il Bologna e la seconda proprio in riva al Crati, contro la squadra dei Lupi allora allenata da Lino De Petrillo (che per combinazione festeggia anche lui oggi il compleanno).
Quell’incontro, disputato il 24 agosto 1983 in uno stadio San Vito gremito all’inverosimile, sarà vinto dalla squadra friulana per 2 a 1, ma fa registrare anche un duello a distanza fra lo spettacolare numero 10 e il portiere rossoblù Roberto Busi. Quest’ultimo, a tutt’oggi, detiene un record destinato a rimanere insuperato: è lui, infatti, il primo portiere italiano a poter dire di aver parato una punizione del grande Zico. Anzi, ben due punizioni. E va da sé parliamo di quella che era la vera e propria specialità del fuoriclasse carioca. Ne abbiamo parlato con lo stesso Busi, scuola Inter, che oggi ha 65 anni e da quando ha appeso i guanti al chiodo ha intrapreso la carriera di allenatore, lavorando in particolare con i giovani. Nonostante siano passati quasi quarant’anni da quella sera, i suoi ricordi sono ancora vividi come allora.
«Nell’Udinese giocava Pancheri, mio compagno di squadra all’Inter, che mi aveva avvertito: Roby – mi disse – Zico è mostruoso. Ogni giovedì, in allenamento, lui tira cento punizioni. E fa gol settantacinque volte». Il resto sono pali, traverse e tiri fuori di pochissimo. Parate del portiere? Esigue. Roba da far tremare i polsi a chiunque. «Io però me l’ero studiato bene – ricorda Busi – attraverso quello che leggevo sulla Gazzetta dello Sport. Avevo capito che dipendeva tutto dalla sua rincorsa: se era obliqua, allora stava per calciare sopra la barriera; rincorsa dritta invece, significava che la palla l’avrebbe messa sul palo non coperto». Tutto chiaro. A dirsi.

Il ragionamento del portierone cosentino vale solo da premessa. Il pensiero deve farsi azione, e quest’ultima gli impone una condotta più che mai ardita: «Capii che dovevo partire in anticipo, quando il suo piede impattava il pallone, altrimenti non sarei mai arrivato in tempo». Andrà proprio come aveva previsto lui: rincorsa obliqua e Busi che vola all’incrocio dei pali a smanacciare, con lo stadio che per ben due volte rischia di venir giù dagli applausi. «Devo dirti che mi faceva quasi male la mano. La particolarità di Zico era che lui le punizioni le calciava fortissimo. Io ho avuto la fortuna di allenarmi con Mario Corso, che le tirava a foglia morta, ma in precedenza questo era un po’ lo stile adottato da tutti. Zico fu il primo a cambiare anche quel modo di intendere la giocata. Calciatore immenso, col piede destro faceva quello che voleva».
Il Cosenza gioca bene e intorno alla mezzora si ritrova addirittura in vantaggio grazie a un rigore trasformato da Alessandro Renzetti. La gioia però dura poco. Due minuti e arriva il pareggio. A realizzarlo è proprio il Numero 10 ospite. La cronaca del gol è affidata ancora a Busi: «Causio crossa in area e Pradella colpisce di testa, faccio una parata enorme e la palla sta per andare in calcio d’angolo, la vedo scorrere verso il fondo ma all’improvviso, su di essa si avventa Zico. Intuisco che sta per succedere qualcosa e così cerco di rialzarmi in fretta, ma lui da fondo campo fa una magia delle sue, una cosa mai vista, e la piazza dentro. L’ho presa che aveva superato di poco la linea di porta. Peccato».

Da quel momento in poi sarà un assedio. L’Udinese tenta di vincere la partita, ma Busi è un muro insormontabile. Finché a pochi minuti dalla fine, gli è fatale un altro calcio di punizione. A tirarlo, però, non è Zico, bensì il suo connazionale Edinho. «Probabilmente non voleva neanche tirare, ma metterla forte e tesa in area, purtroppo la barriera si è aperta in modo inopinato e la palla è finita in rete. Ancora oggi penso che la sua intenzione fosse solo quella di crossare».
Peccato bis, allora, ma che nulla toglie alla gloria di una serata da incorniciare. Con un ricordo speciale in più che svetta su tutti gli altri: la sportività del campionissimo brasiliano. «L’anno precedente giocavo a Siena e mi ero fratturato la mandibola. Risentivo ancora di quell’infortunio, e così quando a seguito di uno scontro di gioco con un avversario presi una legnata in faccia, mi arrabbiai tantissimo. Pensai fosse stato Zico perché in quel momento era quello più vicino a me, e così gli urlai qualche parola poco gentile. Capii subito che non era stato lui, e quindi mi avvicinai per scusarmi, ma lui mi anticipò: “Io non faccio queste cose, mi disse”. Grande calciatore sì, ma anche grandissimo uomo».
