domenica,Gennaio 26 2025

Omicidio Ruffolo, la Dda indaga di nuovo Roberto Porcaro: gli sviluppi

I pm antimafia contestano per la seconda volta il delitto di sangue al presunto boss del clan "Lanzino-Patitucci" di Cosenza. Impulso investigativo partito probabilmente dalle dichiarazioni del pentito Danilo Turboli

Omicidio Ruffolo, la Dda indaga di nuovo Roberto Porcaro: gli sviluppi

La Dda di Catanzaro ci riprova e indaga per la seconda volta Roberto Porcaro, presunto boss della cosca “LanzinoPatitucci“, per l’omicidio di Giuseppe Ruffolo, commesso nel settembre del 2011 a Cosenza. Per i magistrati antimafia si tratta di un delitto maturato in un contesto mafioso deliberato, secondo quanto si apprende, da Porcaro e Massimiliano D’Elia che nel frattempo è stato condannato sia in primo che in secondo grado, sebbene in appello sia caduta l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

Secondo l’accusa Massimiliano D’Elia ha agito quale esecutore materiale, attigendo la vittima con numerosi colpi d’arma da fuoco, esplosi con l’utilizzo di una pistola calbro 7,65, dopo aver affiancato Giuseppe Ruffolo a bordo dello scooter “Aprilia Scarabeo 500“, lungo via degli Stadi all’altezza di Città2000. Antonio Illuminato invece secondo la Dda di Catanzaro avrebbe provveduto a recuperare D’Elia, ma allo stato non risulta indagato nel capo d’imputazione 301.

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I pm antimafia dunque ritengono che Ruffolo sia stato ucciso a causa dei contrasti insorti all’interno del clan mafioso confederato “Lanzino-Patitucci“, «avendo Ruffolo intrapreso l’attività usuraria senza l’assenso del clan e senza far confluire parte dei proventi illeciti nella bacinella dell’organizzazione criminale, clan per il quale D’Elia» avrebbe compiuto estorsioni e traffico di droga, «relazionandosi con uno dei vertici, Roberto Porcaro». Inoltre, tra la vittima e Massimiliano D’Elia, «a seguito del ferimento a colpi d’arma da fuoco patito da quest’ultimo», il 28 ottobre 2006, «presso la discoteca “B-side” e “le successive liti insorte tra Ruffolo e D’Elia, che avevano coinvolto anche il padre di Massimiliano D’Elia, a nome Carmine».

Dal capo d’imputazione non si evince però quale sia stato l’impulso investigativo che ha portato alla seconda contestazione del fatto ai danni di Roberto Porcaro. L’unica cosa che sappiamo con certezza è la “presenza anomala” sul luogo dell’omicidio di Danilo Turboli, all’epoca minorenne. Fu segnalato dalla polizia in un’annotazione di servizio. Oggi Turboli è un collaboratore di giustizia e potrebbe aver riferito sul delitto di sangue.

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