C’era una volta a Cosenza, i quaranta ladroni armati del ponte di Mancini
L'assalto al portavalori Carical nell'estate del 1981 rappresenta a tutt'oggi la più grande rapina mai eseguita in città, non solo per l'entità del bottino
Uno spiegamento così di fucili e passamontagna non si era mai visto fino ad allora. E per la città di Cosenza è ancora ineguagliato. La grande rapina eseguita l’11 agosto del 1981 sul ponte di Mancini non è tale solo per l’entità del bottino – 930 milioni di vecchie lire, due milioni di euro al cambio attuale – ma soprattutto per il gran numero di persone, almeno quaranta, che vi prendono parte in stile paramilitare. Quel giorno, infatti, per dare l’assalto al furgone della “Sicurtransport” si mobilita l’intero clan Perna-Pranno, all’epoca impelagato fino al collo nella guerra di mafia contro la banda Pino-Sena.
La “visita” a San Lucido
Per alcuni, il colpo segna anche l’esordio sulle scene criminali. È il caso dei fratelli Dario e Nicola Notargiacomo, reclutati per svolgere compiti secondari, quelli degli “specchietti”, ma che proprio allora da simpatizzanti del gruppo diventano affiliati veri e propri. In seguito, da collaboratori di giustizia contribuiranno a far luce su tantissime malefatte, fra cui anche la leggendaria rapina alla Cassa di risparmio. Su quel portavalori viaggiano i soldi della banca, prelevati dalle filiali della costa tirrenica e diretti alla sede centrale di Cosenza. In realtà, all’appello mancano i centotrenta milioni dell’ufficio di San Lucido “visitato” proprio quel giorno da altri banditi. Erano anni davvero ruggenti. Che a bordo vi sia comunque un grosso carico di soldi, i cosentini lo sanno con certezza poiché a informarli è stata una delle guardie giurate.
Passamontagna e dinamite
E così, alle 15.30 di un pomeriggio assolato e sonnacchioso, il furgone dell’agenzia Sicurtransport percorre il ponte di Mancini e sta per imboccare corso Garibaldi in discesa, diretto a corso Telesio verso la sede Carical. All’altezza della curva, però, scatta il piano dei malviventi. Un furgoncino Saviem taglia la strada al portavalori, mentre da dietro una Mini Minor si posiziona di traverso per inibirgli eventuali fughe in retromarcia. Il resto si svolge nel giro di pochi istanti: una fucilata sul parabrezza dà il benvenuto all’equipaggio composto da tre vigilantes. A esploderla è Mario Pranno, proprio mentre Domenico Cicero, armato di tronchese, trancia di netto l’antenna del furgone per impedire all’autista di dare l’allarme via radio. Alfredo Andretti, intanto, posiziona della finta dinamite sul cofano, minacciando di far saltare tutto per aria. Ai vigilantes non resta che arrendersi.
Terrore fra gli automobilisti
C’è la cassaforte da aprire, ma nessuno dei tre vuole farlo. Qualche schiaffo ben assestato li indurrà a consigli più miti. Caricano le mazzette di banconote sul Saviem e filano via a tutto gas, seguiti a ruota da un corteo di auto e motociclette. Il colpo è perfettamente riuscito. Durante le fasi della rapina, sulla strada si sono formate due lunghe file di auto, provenienti da corso Vittorio Emanuele o dirette a Portapiana. Gli incappucciati avevano previsto anche questo. Alcuni di loro, infatti, “regolano” il traffico, si muovono fra i mezzi incolonnati tenendo gli automobilisti sotto il tiro delle armi. Succede anche questo a Cosenza, nella calda estate dell’81.