martedì,Settembre 17 2024

Caso Simet, l’urlo di rabbia di una “femmina fastidiosa”: «Istituzioni lontanissime dai lavoratori»

Elda Renna è la portavoce dei 40 licenziati dall'azienda di autotrasporti a settembre scorso. Nonostante le reiterate richieste di attenzione, nessuna risposta è ancora arrivata sul futuro di queste persone. E la protesta continua, tra speranze da tenere vive e pregiudizi difficili da abbattere...

Caso Simet, l’urlo di rabbia di una “femmina fastidiosa”: «Istituzioni lontanissime dai lavoratori»

L’hanno definita «femmina fastidiosa» solo perché, donna, ci ha messo e continua a metterci la faccia. «In realtà sono risultata fastidiosa già all’interno dell’azienda quando mi sono iscritta al sindacato». Il sindacato è la Faisa-Cisal, l’azienda è la Simet e lei è Elda Renna, battagliera portavoce di un gruppo di autisti licenziati ormai diversi mesi fa e che in tutto questo tempo non hanno fatto altro che chiedere risposte che non sono mai arrivate. Nel “curriculum” di questa vertenza senza spiragli visibili al momento troviamo due incontri in Regione, un tavolo in Prefettura, una serie di proteste in strada e diverse lettere aperte alla politica che conta, tutti con un unico risultato: nulla di fatto. «Sentiamo le istituzioni lontanissime da noi», sottolinea Renna.

L’inizio della fine

Schietta come pochi, combattiva come a una donna spesso ancora non si concede di essere, Elda Renna è un’autista di autobus, una dei 40 lavoratori che il 13 settembre dell’anno scorso si sono visti recapitare le lettere di licenziamento dall’azienda in cui fino a quel momento avevano prestato servizio, scambiando ore di vita consumate in lunghi viaggi tra una regione e l’altra con il necessario stipendio. Da allora il futuro lei e i suoi colleghi sono stati costretti a guardarlo da una porta chiusa, spiandolo dal buco della serratura.

La nebbia sull’azienda di autotrasporti con sede a Corigliano-Rossano ha cominciato ad addensarsi già nel giugno 2018, quando ha cominciato a esternalizzare servizi ad altre ditte. «L’arrivo del Covid non ha fatto altro che dare una mano a una situazione che era però già in itinere», ricorda Renna. Una situazione che, secondo quanto spiega, ha portato alle dimissioni di 36 persone, che lei preferisce definire «autolicenziamenti».

«Con l’arrivo della pandemia eravamo in cassa integrazione, il problema non è stato né questo né la crisi derivante dalla guerra in Ucraina, come si vuole far credere». Il 10 gennaio 2022 arriva il preavviso di licenziamento collettivo. A settembre, tutti fuori.

Richieste di aiuto cadute nel vuoto

«Abbiamo fatto diversi sit-in, protestato più volte: tutto inutile». Ma i dipendenti Simet non sono solo scesi in piazza a urlare le proprie ragioni, hanno agito su più livelli per cercare di smuovere le acque che ormai, dice Renna, sono ferme come quelle di uno stagno. «Abbiamo chiesto ripetutamente di incontrare il presidente Occhiuto, ma non ci ha mai risposto. In compenso, siamo stati in Regione due volte: la prima avremmo dovuto essere ricevuti dall’allora assessore Orsomarso, che però non si presentò; la seconda siamo invece riusciti a parlare con l’assessore Staine, ma lo stesso non siamo riusciti ad avere risposte. L’impressione è stata che non si avesse molto il polso della situazione, io mi sono alzata e ho abbandonato il tavolo».

Lo stato dell’arte

Intanto è stato chiesto un nuovo incontro al prefetto di Cosenza e predisposto un tavolo istituzionale al Ministero dei Trasporti, ma fatti non se ne vedono ancora. I lavoratori Simet si sentono abbandonati dalle istituzioni e dai loro esponenti. «Solo alcuni hanno dimostrato interesse verso la nostra vicenda – spiega Renna –. Non mi piace mettere in mezzo la politica ma certe cose vanno dette. Il consigliere regionale Davide Tavernise per esempio e la deputata Vittoria Baldino. E poi il sindaco di Corigliano-Rossano Flavio Stasi, che ci sta stando accanto soprattutto umanamente oltre che nelle sue vesti di primo cittadino, anche perché la maggior parte dei dipendenti licenziati sono suoi concittadini». Al loro fianco anche il gruppo delle Lampare di Cariati, recentemente entrato in Consiglio comunale con due rappresentanti.

Ma la Regione appare sorda a ogni sollecitazione. «Non può liquidarci dicendo che la Simet è un’azienda privata. Noi siamo autoferrotranvieri come tutti gli altri, solo che siccome non facciamo le linee calabresi non veniamo considerati tali, anzi, diciamo pure che la considerazione nei nostri confronti è zero. Stiamo creando un movimento per chiedere una norma che ci parifichi».

Due speranze e un pregiudizio duro a morire

Quando le viene chiesto cosa vorrebbe, Elda Renna risponde che ha due speranze. «La prima è che Simet smetta di fare giochini e torni a essere la grande azienda che era. Ricordo solo che negli anni ’80 è stata l’unica in Calabria che ha cominciato ad assumere donne come autiste, a me dissero: “Per noi le donne sono un valore aggiunto”. Vorrei che almeno non licenziasse altre persone».

La seconda speranza? «Che la Regione riesca a trovare una soluzione che ci restituisca quella dignità che ci è stata tolta».

Intanto, chi può corre ai ripari cercandosi una nuova occupazione. Ma non è sempre facile. «Altri colleghi sono stati chiamati – racconta Renna –, io non sono stata contattata da nessuno». Eppure l’esperienza non le manca. «Molti mi dicono che mi sono esposta troppo, che ho dato fastidio solo perché ho cercato di difendere i miei diritti e quelli dei miei colleghi. In più io mi scontro anche con una mentalità retrograda, perché sono una donna che fa un mestiere ancora considerato appannaggio degli uomini, ed è una mentalità che si ritrova anche in tante realtà lavorative. Poi io non solo sono “femmina”, sono anche una “femmina che dà fastidio”, quindi meglio stare alla larga da me».