lunedì,Settembre 25 2023

Francesco parla a sei anni grazie alla maestra di sostegno, ma lei è una supplente e oggi dovrà dirle addio

Il bambino, cui era stato diagnosticato un ritardo del linguaggio severo, ha frequentato la prima elementare alla "Don Milani - De Matera" di Cosenza. L'appello inascoltato della madre all'Ufficio scolastico provinciale: «Per mio figlio sarebbe un dramma perdere quest'insegnante»

Francesco parla a sei anni grazie alla maestra di sostegno, ma lei è una supplente e oggi dovrà dirle addio

Ora che la scuola è finita, Mia gli ha promesso che un giorno andranno al mare con un treno che corre veloce dentro la galleria lunga e buia. Un treno vero, non come quei trenini con cui lui ama tanto giocare. Il suo vero nome è Francesca, ma Francesco ha deciso che dovesse chiamarsi Mia per far sapere al mondo che lei è la “sua” maestra e di nessun altro. Che un’insegnante e un bambino s’incontrino a scuola è banale, che l’una riesca a dare all’altro il “dono” della parola diventa straordinario.

«Nonostante avesse compiuto tre anni, Francesco ancora non parlava. Ogni giorno che passava, speravo di sentirmi chiamare mamma. Lo sognavo con tutta me stessa, ma continuava a non succedere. Qualcosa in lui non andava, ormai ne ero consapevole, e così decisi di rivolgermi a uno specialista». Avvilita e sconvolta, all’uscita dallo studio medico, Manuela scopre che il silenzio che sembra essersi portato via il suo piccolo Francesco ha un nome preciso: ritardo severo del linguaggio. La diagnosi non è una condanna a vita e la giovane mamma torna a casa con una fiammella di speranza. Il dottore che ha visitato suo figlio in fondo le ha soltanto consigliato di fargli frequentare altri bambini, che poi le parole piano piano arriveranno.

Il covid però rimescola le carte. Manuela è una ragazza madre e vive con i genitori: Francesco potrebbe contrarre il virus e contagiare gli anziani nonni. Il rischio è troppo alto e la domanda di iscrizione rimane chiusa dentro al cassetto. Mentre i mesi trascorrono lenti, il silenzio di Francesco lascia spazio di tanto in tanto a urla improvvise e suoni disarticolati. Anche le sedute dal logopedista, che per tre anni Manuela paga di tasca propria perché i posti disponibili presso il centro di Serra Spiga sono tutti occupati, sembrano essere una battaglia persa in partenza.

Sebbene lotti con tutta sé stessa per non cedere allo sconforto, il timore che suo figlio non impari mai più a parlare trascina Manuela in un vortice di angoscia e disperazione. Con questi sentimenti che le lacerano il cuore, lo scorso settembre iscrive Francesco in prima elementare. Alla “Don Milani – De Matera” la maestra di sostegno è un avvocato che, a un certo punto della vita, deve aver pensato di ripiegare sulla scuola. Manuela non lo accetta, lascia il panificio dove si spacca la schiena da mattina a sera, parla con la dirigente scolastica e ottiene per suo figlio un’insegnante di sostegno che sia degna di questo nome. In classe arriva Francesca Frangella, una giovane supplente originaria di San Lucido che riceve un incarico annuale. «Non so cosa riuscirò a fare con suo figlio», confessa a Manuela.

Le prime settimane sono difficili: Francesco non si fida e a volte scappa via dalla classe. Francesca è costretta a inseguirlo per i corridoi, prenderlo per mano e riportarlo al suo posto. Il bambino è iperattivo, unica via di uscita forse da un mondo fatto soltanto di silenzio, si distrae e ha difficoltà di concentramento. La maestra non si dà per vinta. E fa bene, perché il miracolo è già dietro l’angolo. «Ciao mamma», dice un giorno Francesco tornando a casa da scuola e Manuela che, di fronte al silenzio assordante di quel figlio, aveva spesso chiesto a Dio “perché proprio a me” scoppia in un pianto liberatorio che le solleva l’anima. Succede a pochi giorni da Natale e lei non poteva ricevere regalo più bello.

Francesco impara in pochi mesi quello che non era riuscito ad apprendere nel corso degli anni: poche isolate parole diventano presto frasi di senso compiuto. Scrive, legge e fa di conto fino a venti proprio come gli altri compagni di classe. Manuela non ha dubbi: il merito è di una sola persona. «É soltanto grazie all’insegnante di sostegno – sussurra mentre gli occhi le si riempiono di lacrime – se mio figlio è riuscito a completare la prima elementare a testa alta, io gli ho dato la vita sei anni fa e la maestra Francesca lo ha fatto nascere una seconda volta. Chi lo incontra stenta a credere che si tratti dello stesso bambino di prima».

Francesca però fa la supplente e il futuro di una supplente, si sa, è sempre appeso a un filo. «Supportata dal mio avvocato e su consiglio della dirigente, ho inviato una lettera alla direttrice dell’ufficio scolastico provinciale per spiegare la situazione di mio figlio e chiedere che gli venga garantita la continuità di insegnamento di cui ha bisogno. Per lui sarebbe un trauma scoprire che Francesca l’anno prossimo non sarà più la sua maestra». Peccato però che l’ufficio scolastico provinciale abbia ritenuto superfluo rispondere all’appello di una madre disperata.

Qualunque cosa succeda, ogni sera Mia, come fa da quasi un anno a questa parte, continuerà a telefonare a Francesco per dargli la buonanotte. Un giorno d’estate, come promesso, prenderanno insieme il treno, se ne andranno al mare e saranno felici. Come quella mattina in classe, con le facce buffe prima di scattarsi un selfie.