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Marijuana, roba da teenager. Almeno a Cosenza pare sia così. L’inchiesta sugli spacciatori dell’autostazione, infatti, fotografa anche il tipo di clientela che si riforniva dal gruppo di nigeriani: di età compresa fra i quindici e i sedici anni, in prevalenza di sesso femminile. Parliamo di centinaia e centinaia di adolescenti. Lo dimostra il fatto che i pusher riuscivano a piazzare settimanalmente dai tre ai quattro chili di marijuana. E salvo casi isolati come i 500 grammi venduti in blocco a due quindicenni, si trattava di cessioni di una o due canne per volta.
Una platea sterminata di consumatori, insomma, che focalizza l’attenzione sull’interesse che le nuove generazioni hanno verso questa sostanza. Curiosità, fascino del proibito le spiegazioni più plausibili, anche le più banali. Legalizzarla o no? Il tormentone dura da anni tra chi ragiona per astratto e chi in concreto. Il cazziatone telefonico di una mamma cosentina a uno spacciatore, è un manifesto proibizionista. Il dibattito resta aperto.
Un giro da 40mila euro al mese
Di certo c’è che i nigeriani che avevano eletto l’autostazione di Cosenza a loro personale piazza di spaccio, avevano messo su un bel giro d’affari. Andavano e venivano a Rosarno, dove c’era il loro fornitore, e ne prendevano solo un chilo alla volta, per non dare troppo nell’occhio. L’erba la pagavano 2,50 – 2,80 euro al grammo e la rivendevano a cinque euro. Il calcolo è immediato: ogni mese, lo smercio incessante che avevano messo su tra la villetta e le pensiline, al netto delle spese, fruttava loro fra trenta e quarantamila euro.
Una cifra che serviva a soddisfare i bisogni di una ventina di persone, l’organico della presunta associazione criminale. Con quello stipendio alcuni tiravano a campare, altri erano riusciti a cambiare tenore di vita. Su tutti, il capo dell’organizzazione, lo sfuggente e misterioso Obinna. Già nel 2017, l’uomo era stato arrestato a Perugia, città in cui aveva messo in piedi lo stesso traffico replicato poi a Cosenza. In quell’inchiesta – nome in codice “Cricket” – erano emersi anche i canali esteri, sudamericani in particolare, su cui poteva contare per inondare di droga la città umbra. I cambi di pelle operati mediante l’assunzione di diversi alias, rendono difficoltosa la sua completa identificazione.
Non è chiaro, infatti, se Obinna sia stato coinvolto in altre indagini analoghe, così come sconosciuto è il patrimonio personale che ha accumulato in questi anni. Non si sa neanche da quanto tempo sia in Italia e quando abbia deciso di trasferirsi a Cosenza. Effetti dell’immigrazione incontrollata, si dirà. Anche in questo caso, il dibattito è aperto.