Sila, Camigliatello saluta l’estate. Anche quest’anno si cambia l’anno prossimo | FOTO
Chiude la stagione estiva un posto immerso in un posto invidiabile ma sempre più trascurato. E la buona volontà di qualche giovane imprenditore non basta
Camigliatello, Sila. Il trottolone è sempre lì, da osservare come un’anatra al parco, intorno alle sei e mezza, nell’orario che fa da ponte tra il pranzo e la cena, con la stessa inspiegabile curiosità dell’anno prima. La giornata montana è scandita dalle portate del giorno, dalla merenda del pomeriggio, dalle preparazioni della sera, dal cornetto del congedo. Un bioritmo segnato da carboidrati, funghi, vino della casa, proteine e conserve. E panchine.
A pochi chilometri, macchine in rotta verso Lorica, camping, laghi, zip line, barche, giri in moto, in quad, in sidecar, a cavallo. A Camigliatello i soliti, venuti a prendere “fresco” una mezza giornata, e a fare vasche sul corso, tanto per portare a casa una tazza di coccio per farci la fagiolata. Intanto che si cammina sulla via principale, è interessante studiare la bizzarra architettura che ha portato a una forma di governo urbanistico contraddistinto dall’anarchia estetica totale. Camigliatello dovrebbe avere la stessa manutenzione di un presepio artigianale, invece è una vecchia signora con le unghie rotte e i vestiti presi su Shein.
Tutto fermo al palo
Così trascorre il giorno in un luogo che dovrebbe offrire (almeno un mese all’anno se proprio non si può diversamente) intrattenimento di qualità ogni dì (non solo per sporadici week end) e un piacere per gli occhi: al pomeriggio la passeggiata viene accompagnata dall’odore di arrosto dei ristoranti con i fuochi accesi già intorno alle sette; il nuvolone delle quattordici e qualcosa, avanzato da SudEst, dall’Atlantico, dall’Oceano, dall’Everest, da Milano, che oscura tutto e fa detonare il tuono alla controra, è ormai alle spalle quando scatta l’ora della spesa dal macellaio o la fila per i panini più buoni mentre si riempiono le damigiane ascoltando le rovine del meteo sulle patate. Tutto è sempre così, sempre.
Alle diciassette la strada è asciutta, umidi i viottoli. Via alle passeggiate. I cavi dell’alta tensione, lasciati a penzolare lungo una strada che porta alla parte più riservata di Camigliatello, sono belli che impregnati (foto). I funghi crescono nei boschi, il mercatino (ex mercatino) sulla via per Moccone è chiuso, i venditori con i carretti, aperti. La messa è al solito orario, appuntamento mondano che scandisce la vita di Camigliatello, come i fuochi d’artificio di metà mese organizzati dalla parrocchia.
Si mangiano ciambelle con lo zucchero già verso le cinque, cuddrurieddri a tutte le ore, c’è il pappagallo sul corso che urla qualcosa. Alle dieci e mezza di sera, con la pancia piena, si fa un sopra e sotto, a guardare i resti dello storico albero segato via qualche tempo fa, scatta l’ora dell’amaro o del gelato, poi tutti a letto. A Camigliatello già da qualche giorno, hanno anche smontato le luminarie accecanti, in stile messicano, perché l’estate dopo il 20, diciamocelo, è finita, e l’energia elettrica costa più di una cena a grigliata mista.
Così lungo la via Roma, che attraversa botteghe artigiane e ristoranti, niente più occhiali da sole al calar della notte, solo le quiete insegne rassicuranti e le vetrine con le ceramiche dei folletti. Camigliatello sbadiglia al termine della stagione, convinta e solida nel suo restare identica, nel suo fluttuare nel tempo rimanendo testarda e solida abitudine da pensionato.
Lorica torna regina
A pochi chilometri, Lorica s’è reinventata, dopo un lungo periodo di sonno, e il pubblico che la anima non è più da pensionato, tutt’altro. Dopo aver capito che la gente che ama il riposo a volte ha anche periodi di veglia, s’è tirata su le maniche e offerto qualcosa da fare. A Camigliatello, invece, la riapertura di due campetti e di una pista da bocce è stata salutata come l’evento dell’estate.
Diversi alberghi, per motivi familiari, restano con gli scuri chiusi, gli altri fanno un prevedibile pieno nelle settimane centrali, ma l’aria quest’anno non tira così tanto bene e qualche mugugno c’è, tra una pancetta alla griglia e l’altra. Il flusso di turisti non è quello di prima, inutile negarlo, mettiamoci anche il caro vita e i prezzi sempre più alti, ed è facile capire come il visitatore, se proprio deve spendere, sceglie dove stare meglio. Se non è una legge dell’economia, è una legge del buon senso.
Il calo non può essere attribuito solo ai perenni lavori in corso (sempre nei periodi di maggiore affluenza) sulla SS 107 (giovedì pomeriggio c’erano quasi tre chilometri di fila prima del ponte Cannavino in direzione Sila), in cui l’autovelox è come una di quelle lucine del Natale che si accendono e si spengono (oggi c’è, domani forse, dopodomani c’è il tutor, fra tre giorni la sbarra rossa…) ma la colpa è nell’abitudine a lasciar correre, perché finché la barca va… Solo che tra poco la barca andrà a picco e nessuno sembra accorgersene (istituzioni comunali in primis dato che la cittadina dipende da Spezzano della Sila).
Il paese dei sospiri (rassegnati)
Camigliatello potrebbe essere un bon-bon, curatissima, preziosa, ricercata, organizzata al millimetro. Non lo è. E più passa il tempo più la noncuranza sta trasformando il paese dei sospiri (e non d’amore) in fortificazione della rassegnazione, per qualche ragione escluso dalla pioggia di fondi che rinfrescheranno con miliardi di euro diversi comuni italiani (promotori di progetti per la ripresa e resilienza).
Anarchia estetica
Ad alzare lo sguardo oltre la fontanella della piazzetta, si vedono molte facciate del centro cadere a pezzi, installazioni caotiche sono disseminate sul corso principale in cui bar, ristoranti, ritrovi, hanno scelto di occupare parte della carreggiata (in qualche caso, gran parte) con verande tutte diverse e con diversi ingombri. Non c’è un piano, è evidente, poche regole in merito, forse nessuna. Ognuno fa quel che vuole. Pensiamo a cosa accadrebbe in un condominio in cui ogni inquilino decidesse di fare quello che gli pare su terrazzi e balconi. Sarebbe un pullulare di verandoni di acciaio, di legno, di vetro, di appendici monstre. Quel palazzo, magari in origine rifinito e in una buona posizione, diventerebbe inguardabile.
Qualcuno, sul corso, ha addirittura montato delle tende di plastica che neanche nelle peggiori sagre di Caracas. Non c’è neppure accordo tra imprenditori che condividono lo stesso marciapiede che si tengono stretti le piccole band in un angolo del bar. Le migliori intenzioni dei giovani che hanno preso in gestione campetti o una piccola “flotta” di bici elettriche o di risciò, non possono bastare, non basta il giorno di pienone per la Sila Epic. Serve una mano che dia una bella ripulita, senza nascondere le briciole sotto il tappeto.