È un caso che i recenti “passi indietro” dei mafiosi cosentini provengano tutti dal cosiddetto “gruppo Porcaro”? Cosa davvero si cela dietro alla decisione del boss cosentino Roberto Porcaro di rinunciare a collaborare con la giustizia? Sono alcune delle domande che circolano negli ambienti giudiziari dopo il colpo di scena di due giorni fa durante il processo con il rito abbreviato a Catanzaro.

Una giornata ultra movimentata iniziata con la comunicazione di Francesco Greco di voler aiutare i magistrati antimafia di Catanzaro a combattere il crimine organizzato cosentino. Una ‘ndrangheta che, indagini alla mano, punta forte sul traffico di sostanze stupefacenti, dando la possibilità anche ad incensurati di spacciare la droga. Incensurati che si fanno coinvolgere in queste dinamiche delinquenziali perché forse sfiduciati dal fatto di non riuscire a trovare un lavoro onesto e stabile. Così i clan sfruttano le debolezze di chi pensa che in questo modo si possa arrivare “a fine mese“. Ed invece, la giustizia arriva. Sempre.

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Il pentimento di Francesco Greco potrebbe aver fatto vacillare Roberto Porcaro? Si tratta di una delle ipotesi che allo stato non viene confermata da alcun dato certo. Porcaro, dunque, potrebbe aver deciso di piazzare questo “colpo di teatro“, cercando di smuovere le “coscienze” della Dda di Catanzaro. Perché quando ci si trova davanti a un boss che per anni ha soffocato l’economia e il contesto sociale dell’area urbana di Cosenza è fisiologico attendersi, in cambio della collaborazione, alcune richieste. Funziona così, nulla di anomalo. Però, se qualcuno ritiene che possa ottenere “tutto e subito“, allora la magistratura, se i tempi non sono maturi per concedere i primi benefici a chi collabora con la giustizia, fa giustamente muro.

Non può esserci altro, almeno se ragioniamo nel campo delle ricostruzioni “fantasiose”, se non questo. Anche perché, i verbali resi alla Dda di Catanzaro e depositati nel processo che si svolge con il rito abbreviato sono e saranno pienamente utilizzabili nel procedimento partito il 18 settembre. La pubblica accusa porterà le sue propalazioni come mezzo di prova, a maggior ragiona se da Francesco Greco arriveranno gli opportuni riscontri. E sul punto c’è da evidenziare anche un’altra cosa. Porcaro non ha detto in aula «mi sono inventato tutto, non collaboro più», come ha fatto invece Danilo Turboli in “Testa di Serpente”, ma si è limitato a dire «Non intendo proseguire in questo percorso e per questo revoco il mandato al mio avvocato». Frase che ha lasciato di stucco tutti, dalla Dda ai difensori. Lo strappo sarà ricucito? Lo scopriremo il 29 settembre.