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‘Ndrangheta a Cosenza, Daniele Lamanna: «La confederazione nacque dopo la pax mafiosa»

Il collaboratore di giustizia ha riferito sulle dinamiche mafiose prima e dopo la lunga scia di sangue che interessò tutto il territorio provinciale

‘Ndrangheta a Cosenza, Daniele Lamanna: «La confederazione nacque dopo la pax mafiosa»

Gravitare nel mondo della ‘ndrangheta cosentina «non confaceva con l’educazione impartita dai miei genitori, questo vale anche per mio fratello». Pensieri e parole del collaboratore di giustizia Daniele Lamanna, sentito nel processo “Bianco e nero” che tratta alcune presunte estorsioni avvenute negli anni passati per mano, secondo la Dda di Catanzaro, delle cosche “Lanzino-Patitucci” e “Rango-zingari“.

La “guerra di mafia” nel Cosentino

Nella prima parte della sua escussione, il pentito cosentino ha ripercorso l’inizio della carriera criminale, avendo scelto di entrare nel gruppo denominato all’epoca “Bruni-zingari“, ovvero l’unione dei clan “Bruni” bella bella di Cosenza e quello “rom” di via Popilia. Lamanna ha riferito che in prima battuta si occupava di effettuare le rapine ai portavalori. Era il periodo in cui a Cosenza e provincia vigeva la seconda guerra di mafia con decine di omicidi.

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Tutto iniziò, a dire del collaboratore, dal delitto di Pietro Serpa. Poi ci fu la vendetta dei Serpa, con l’omicidio di Luciano Martello e una lunga scia di sangue che interessò anche la città dei bruzi, con l’eliminazione di Antonio Sena alias “Mammasantissima” e Francesco Bruni “bella bella” senior, padre di Michele e Luca. Sulla scorta di ciò la cosca Bruni-zingari decide di ammazzare anche Francesco Marincolo, morto per mano di Michele Bruni, almeno stando al racconto dei pentiti.

La confederazione e la “bacinella comune”

Lamanna ha anche aggiunto che un ruolo decisivo per far terminare la “guerra di mafia” lo ebbero sia Ettore Lanzino che Franco Presta, rispettivamente capo indiscusso della cosca degli italiani e “braccio destro” del boss cosentino. «Si fecero degli incontri per mettere una pietra sopra agli omicidi e dopo si creò la confederazione mafiosa. Cosa comportava la confederazione? Ognuno di noi aveva varie responsabilità, c’era chi si occupava di droga, chi di estorsione e chi di usura. Mario “Renato” Piromallo, ad esempio, si occupava di droga, Francesco Patitucci e Michele Bruni, due personaggi carismatici della ‘ndrangheta cosentina, erano addetti alle estorsioni».

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Poi l’argomento della “bacinella comune“. «Ci sono stati due tentativi di incontro: al primo partecipammo io, Michele Bruni, Francesco Patitucci e Franco Presta e Umberto di Puppo. Al secondo incontro c’eravamo io, Michele Bruni, Francesco Patitucci, Ettore Lanzino e Umberto Di Puppo» ha detto Lamanna nella prima parte della sua testimonianza.

Il tentato omicidio De Rose

Conclusa la parte dedicata alla ‘ndrangheta cosentina, il collaboratore ha illustrato, seppur in maniera abbastanza imprecisa, la dinamica del tentato omicidio di Pino De Rose. La cosca Bruni voleva ucciderlo per vendicarsi della morte dell’allora minorenne Francesco Bruni junior, ucciso brutalmente in Sila per mano della cosca “Perna-Pranno-Vitelli“. Fu deliberato l’omicidio ma le cose non andarono per il verso giusto. Daniele Lamanna e Fabrizio Poddighe, incaricati di assassinarlo, non portarono a termine l’azione di fuoco, riuscendo addirittura a far reagire la vittima, la quale avrebbe anche impugnato una delle armi che avrebbero dovuto “spegnerlo” per sempre.

La fuga sulla costa tirrenica

Dopo aver cercato di eliminare Pino De Rose, i due imputati – già condannati in abbreviato – si rifugiarono sulla costa tirrenica cosentina. Secondo quanto dichiarato da Daniele Lamanna, il giorno dopo entrambi sarebbero stati ripresi da Umile Miceli. Poi il pentito ha accennato alla presunta estorsione ai danni del titolare del “Boowling” di Quattromiglia di Rende, posta in essere dall’ex capo società degli “zingari” di Cosenza Franco Bruzzese. Sul punto, ha riferito di un presunto tentativo di accomodamento di un carabiniere senza citare il nome del maresciallo Iorio, accusato in “Bianco e Nero” di concorso esterno in associazione mafiosa. Per la Dda il militare dell’Arma avrebbe cercato di evitare che la richiesta estorsiva andasse a buon fine, “mediando” con la ‘ndrangheta cosentina. Infine, la pubblica accusa ha sentito anche Edyta Kopaczynska, ex compagna del defunto Michele Bruni, la quale ha ricordato in maniera non del tutto precisa le fasi preparatorie del delitto di Pino De Rose.

“AAA cercasi” Mattia Pulicanò

Nella seduta odierna era prevista anche l’escussione del collaboratore di giustizia Mattia Pulicanò uno dei primi a parlare della figura criminale di Maurizio Rango e del progetto omicidiario nei confronti di Antonio Abruzzese alias “Strusciatappine”. L’ex spacciatore di Lattarico, allo stato, risulta irreperibile. La Dda di Catanzaro si è ripromessa di verificare se lo stesso sia ancora inserito nel programma di protezione o meno. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 16 novembre (LEGGI QUI LA REPLICA DEL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA)

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