«Quando difesi Rende dall’onta dello scioglimento per mafia»
Qualche anno fa nel comitato per l'ordine e la sicurezza ci fu un confronto serrato sui risultati della commissione d'accesso, ma il Comune non si sciolse
di Mario Oliverio*
Nel 2023 la Calabria è ancora, insieme a Sicilia e Puglia, prima in Italia per numero di enti sciolti per mafia. Così questa terra, dove lo stato di emergenza non trova limiti alla propria esuberanza, è anche la regione che continua ad essere la più colpita dal commissariamento dei Comuni. Sorge il sospetto che il commissariamento come interviene su situazioni non limpide, sia non di rado esso stesso poco limpido, perché utilizzato in modo abnorme, strumentale, a volte anche politico. Elementi di confusione di carattere meramente amministrativo vengono spesso utilizzati per motivare provvedimenti di scioglimento che mortificano la democrazia e la sovranità popolare e che contribuiscono ad alimentare sfiducia e discredito verso le istituzioni. Provvedimenti che in tanti casi finiscono per essere annullati dalla giustizia amministrativa perché illegittimi.
Sarebbe interessante conoscere la relazione redatta dalla Commissione d’ accesso e le motivazioni poste a base del recente scioglimento del Consiglio Comunale di Rende e del conseguente commissariamento per infiltrazioni mafiose. Lungi da me la presunzione di assumere il ruolo di avvocato d’ufficio di una città tra le più importanti della Calabria, la cui storia ed il tessuto democratico sono solidi e ben conosciuti non solo da quanti hanno avuto modo di frequentarla ma anche da coloro che, sia pure a distanza , ne hanno apprezzato il ruolo e la dimensione civile e culturale, anche perché sede della prima e più grande Università calabrese. Detto provvedimento ha suscitato incredulità e stupore nella stragrande maggioranza delle persone. Sicuramente in quelle che non sono animate da pregiudizio e da faziosità, indipendentemente dall’appartenenza politica e dal grado di vicinanza e persino di avversità alla Amministrazione rendese sciolta per mafia.
Qualche anno fa, negli anni in cui il sottoscritto era presidente della Provincia di Cosenza, il Ministero dell’Interno dispose una commissione d’accesso al Comune di Rende per verificare eventuali infiltrazioni mafiose. Anche allora vi fu chi spingeva per lo scioglimento. Nel Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza nel quale intervenni come membro di diritto, ricordo che ci fu un approfondito esame della relazione presentata dalla commissione d’accesso ed un equilibrato ma serrato confronto. Gli organi amministrativi di Rende eletti dal popolo non furono sciolti ed alla città furono pienamente restituiti l’onore e la dignità che meritava.
Per il Sindaco e per gli amministratori di Rende fu possibile accedere agli atti. In qualità di Presidente della Provincia della quale la città di Rende è parte integrante ritengo di avere svolto con obiettività, libero da condizionamenti, il mio dovere istituzionale. Ora come allora ritengo che la città di Rende non sia da catalogare come una realtà mafiosa e le sue Amministrazioni, pur nella diversità di connotazioni e di programmi politici e amministrativi, non siano ostaggio della mafia. Ciò evidentemente non significa che anche a Rende come in altre realtà non sia presente e non agisca in modo attivo la criminalità organizzata.
*già presidente Provincia di Cosenza