È il 27 aprile 2024 e il Cosenza sfida al Marulla la Feralpisalò. In campo ci sono più o meno gli undici di inizio stagione a parte Stefan Bajčetić, un promettente difensore centrale ottenuto in prestito a gennaio dal Liverpool. Francesco Forte contende a Manuel Marras il titolo di capocannoniere e saranno proprio le loro reti (insieme a quella di Zuccon) a sigillare il 3-0 finale. Che, per il Cosenza, significa promozione matematica in serie A con tre giornate d’anticipo. Ventitré vittorie (tra cui i due derby contro il Catanzaro), nove pareggi e settantadue punti, che portano il capo della tifoseria ad acclamare a gran voce il nome del tecnico: il mio.

Insomma, ci son cascato di nuovo, come direbbe Achille Lauro. Football Manager è un mondo meraviglioso, che crea dipendenza, e me ne tenevo alla larga in autotutela dal 2020. Consapevole del fatto che la mia caduta nel suo tunnel è sempre inversamente proporzionale ai risultati veri del Cosenza. E, al momento in cui scrivo, sono combattuto. È il 31 luglio 2024, ho costruito sapientemente la rosa per la prima stagione della storia rossoblù in serie A e ho sul tavolo un’offerta a sorpresa del Valencia in Liga. Ma credo che la rifiuterò.

Questo lungo excursus nei meandri di FM mi permette di dire che non ci eravamo bevuti il cervello, io e quel manipolo di folli che alla fine del calciomercato estivo parlavamo di playoff. Certo, un videogioco (per quanto accurato) non è una valida cartina di tornasole. Eppure una cosa ci permette di dirla: sulla carta questa rosa era davvero considerata molto valida. E allora perché, a due giornate dal termine del girone d’andata, si ritrova con appena 4 punti di vantaggio sulla zona playout e a 7 lunghezze da quella playoff? È un problema tutto nostro o è successo a noi qualcosa che sta succedendo anche ad altri?

Nell’ultima giornata di campionato solo una tra le prime otto in classifica è riuscita a conquistare la vittoria. È un fatto che va tenuto in grande considerazione. Sampdoria e Brescia ora sembrano in grado di agganciare il treno playoff. Ternana e Spezia mostrano segnali di risveglio, laddove il Pisa pare avviluppatosi in una crisi simile alla nostra. La graduatoria pare così spezzarsi in due, sotto l’ottavo posto, ma credo sia una situazione transitoria. E in una serie B dove undici tecnici hanno già fatto le valigie, mi pare necessario interrogarci anche sul nostro. Per non farci trascinare dal pessimismo, lo faremo sulle note dei MGMT.

Una freccia può essere scagliata solo tirandola prima indietro, ha scritto Fabio Caserta sul suo Instagram, citando il Dalai Lama, alla vigilia della gara col Parma. Comprensibile, dunque, che lo 0-0 contro la capolista (ridotta in dieci dal sesto minuto) abbia fornito ai più la conferma dell’ennesimo segnale di crisi più che di un’uscita dalla stessa.

Direi che esistono due scenari possibili, a questo punto. Il primo, per stare all’aforisma buddista di cui sopra, vede il Cosenza in grado di lanciarsi in qualcosa di grande. E cioè ripartire dal 3-5-2 visto al Marulla contro i ducali (modulo nel quale, per esempio, a me è parso molto ben calato Fontanarosa fino alla sostituzione), rifinirlo grazie al rientro dei grandi assenti Calò e Canotto e centrare subito punti pesanti contro Bari e Como.

Oppure, ed ecco la seconda, restare invischiato in una palude di risultati che non spingano né a una convinta conferma ma nemmeno verso un esonero di Caserta. Ed è il pericolo maggiore. Perché, sebbene molti di voi sostengano il contrario, questa non è una squadra costruita per salvarsi. Ed è quindi una squadra che farebbe molta fatica a lottare per farlo, se vi fosse costretta. Questi stivali non vanno da nessuna (altra) parte, insomma.

Voi chiedete: come si fa a esultare per un pari contro un Parma in inferiorità numerica? Io vi rispondo che, in doppia inferiorità numerica, e contro un’Udinese che a fine stagione sarebbe salita (al posto nostro, ‘tacci loro), nel 1992 il Cosenza rimontò un doppio svantaggio. Al Friuli. Il calcio è una questione di occupazione degli spazi e, quando Pecchia ha dirottato Coulibaly sul lato forte dei rossoblù (dove Florenzi e Martino stavano trovando una buona intesa), il Parma ha trovato la chiave di volta per metà incontro. E siccome il calcio è anche una questione tecnica, le doti di gente come Bernabè, Man e compagnia hanno ridotto al minimo le nostre ripartenze (sempre troppo lente). È andata meglio nella ripresa con D’Orazio a sinistra, ma lo scrivevamo già a inizio stagione che su quella fascia e a centro difesa avremmo visto i sorci verdi fino a gennaio. E infatti…

Quel che è certo è che il 4-2-3-1 o affini devono sparire dai radar tattici. A costo di sacrificare una punta (Mazzocchi o Forte) e qualche ala dai titolari. Si guadagnano le incursioni di Florenzi, che dalla mediana sanno essere più letali. E si può valutare una staffetta Marras/Canotto su una delle due corsie esterne.

Live to fight again, again, again,per dirla alla Kasabian, insomma. Attenzione, però, perché siamo davvero a uno snodo chiave. Scenario uno: ci rialziamo (e poi, però, servirà un buon mercato correttivo, con entrate e uscite mirate). Scenario due: scivoliamo verso una stagione di stenti. Non dimentichiamo che il Cosenza ha ottenuto finora quattordici punti su venti contro formazioni che si trovano alle sue spalle – e questo qualcosa vorrà pur dire –, ma ha sempre sofferto molto di più con le avversarie più deboli. Quelle, cioè, che non ti lasciano giocare. Le prossime due partite serviranno soprattutto a questo. A uscire dal tunnel di Football Manager (sulla carta siamo forti, ma ci gira tutto male). A capire quale campionato ci aspetta. A prendere, nel caso, i correttivi giusti. E a farlo per tempo, se necessario.