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Il 31 dicembre, alla mezzanotte, mentre Cosenza accoglieva Giorgia sul palco di piazza dei Bruzi, è scaduta la proroga per la gestione del Castello Svevo. La gara indetta ad aprile scorso, come sappiamo, è andata deserta. Per gli aspiranti gestori, la cifra prevista come canone era evidentemente troppo alta da sostenere, anche se non è raro vedere gare girare a vuoto, per un paio di volte almeno.
Per evitare che la struttura restasse deserta nella bella stagione, si decise per una proroga a beneficio della Svevo Srl che da anni ha in mano le chiavi del maniero. La società, nata nell’ottobre del 2014, vinse il bando regionale “Per lo sviluppo di attività imprenditoriali all’interno delle filiere della valorizzazione del patrimonio e della produzione culturale”, da cercare sul Burc n° 11 del 10/03/2014 (parte III, Ambito d’intervento I, a valere sul Por Calabria Fesr 2007-2013). Tra Comune di Cosenza e Svevo il 27 marzo del 2015 venne sottoscritto un contratto di servizio in cui fu cristallizzato un canone annuo, pari a 11.552,60 euro, da corrispondere in 12 rate mensili. Solo sette mesi di canone sono finite all’epoca nelle casse comunali. La Svevo ha continuato a gestire il Castello fino allo scorso mese di marzo, alla vigilia del nuovo bando, impegnandosi a versare al municipio gli arretrati accumulati, ottenendo una nuova proroga fino al 31 dicembre scorso.
Cosa accadrà adesso?
Il futuro del Castello è scritto nel nuovo bando che il Comune di Cosenza pubblicherà nelle prossime settimane, operando un ritocco verso il basso per quanto riguarda il canone e delle modifiche anche per quanto riguarda gli obblighi del gestore e la tipologia di eventi che potranno svolgersi all’interno. Se anche questa volta la gara andrà deserta, è probabile – ma non è detto – che il prezzo scenda ancora prima di un nuovo avviso. È una strategia non nuova, ad ogni latitudine, quella di attendere condizioni economiche migliori prima di andare all’assalto, certo è che chi mira a prendere (o riprendere) la gestione dell’immobile storico, potrebbe essere sorpreso da qualche outsider. Vedremo come andrà a finire.
C’era una volta un castello…
Riavvolgendo il nastro, ripercorriamo la storia recente di uno dei simboli della città di Cosenza conteso, abbandonato, restaurato e illuminato non dalla luce delle torce, ma dai led da discoteca. Sulla vetta del colle Pancrazio, il maniero sorveglia la città dalla metà dell’XI secolo. Di restauri, negli anni Duemila, dopo gli interventi degli anni 70 e 80 (non proprio memorabili) e la cacciata di un guardiano-padrone ad opera del leone Mancini, se ne cominciò a riparlare nel 2002. Sindaco era Eva Catizone che nel novembre di quell’anno non le mandò a dire all’ex assessore regionale Saverio Zavettieri, a capo del settore Beni culturali.
A fronte di una richiesta partita da Cosenza di 7 milioni di euro (indicati in 16 miliardi di vecchie lire) la Regione aveva concesso solo 500mila euro suscitando le ire del sindaco bruzio che sbottò: «Siamo indignati per questo ennesimo sberleffo». Due anni dopo, siamo a febbraio 2004, seduti allo stesso tavolo in quel di Lamezia Terme, tra Catizone e Zavettieri larghi sorrisi accolsero l’Accordo di programma quadro “Beni ed attività culturali per il territorio della Regione Calabria” che conteneva in dono 4 milioni di euro per il restauro del Castello. «Ho ringraziato l’assessore Zavettieri – disse in quell’occasione Eva Catizone, con ben altro animo – per aver mantenuto l’impegno di riservare al progetto una somma ben superiore al miliardo di lire inizialmente previsto. Quattro milioni di euro non sono ancora quanto basta, ma certamente costituiscono una base dignitosa per far decollare il progetto». Insomma pace fu.
Dal Tar al Rum & Coca
Trascorrono altri 4 anni, una richiesta di sospensiva inoltrata al Tar congela tutto per il tempo di una decisione. Il tribunale amministrativo segnala disco verde e i cantieri al Castello possono fiorire. Nel 2009 viene indetta la gara per l’appalto dei lavori. Questa volta a dirigere Palazzo dei bruzi c’è il sindaco Salvatore Perugini, che promette: «Sarà un cantiere aperto non in ossequio alla perniciosa abitudine di non finire le opere, bensì come segnale di massima disponibilità per tutti i saperi e le intelligenze cittadine che potranno così offrire in corso d’opera i loro contributi di idee sul monumento, massima espressione culturale della città dei Bruzi».
L’orchestra dà il “la” e la musica comincia ma non sarà Perugini a fare gli onori a corte. Con un importo a base d’asta di 3 milioni e mezzo di euro, provenienti dall’Accordo di Programma Quadro, viene espletata la gara che viene aggiudicata alla Società Cooperativa Archeologia con sede a Firenze. L’assessore ai Lavori pubblici dell’epoca, Franco Ambrogio annuncia che dopo un primo stralcio, altri due lotti saranno previsti, uno per 1.400.000,00 euro, dal PIT, che servirà per la sistemazione esterna; e l’altro di 1.800.000,00 euro, dal PSU, che serviranno per la sistemazione dell’accesso al Castello e al collegamento alla città ai suoi piedi attraverso percorsi meccanizzati. Viene anche annunciata la costruzione di un ascensore all’interno di una delle torri (occhio a questo passo). Nel progetto si legge: «La riqualificazione del complesso non sarà solo come museo di sé stesso, ma come sede di attività culturali e di iniziative didattiche nel rispetto della “vocazione” degli spazi e dei moderni criteri di conservazione del patrimonio architettonico». Ma la strada verso il peccato, si sa, è sempre lastricata di buone intenzioni. E il perché lo vedremo più avanti.
Occhiuto time
Siamo nel 2012, su colle Pancrazio è tutto fermo. È sindaco Mario Occhiuto, al suo fianco la vice Katya Gentile tranquillizza tutti: la ditta verrà pagata e i lavori riprenderanno. «L’impasse che aveva impedito di liquidare il pagamento del nuovo stato di avanzamento – dice – è stata superata e i lavori potranno riprendere speditamente». Tre anni dopo (altri tre). Eccoci a giugno 2015. «Ci siamo quasi» è l’incipit della nota stampa che circola tra email e agenzie. E stavolta ci siamo davvero. Il 25 giugno il ponte levatoio si apre (in senso metaforico). Vietati matrimoni, battesimi, comunioni et similia. Il Castello sarà un luogo culturale, niente caciare. Punto. Ma accanto ad eventi musicali, scientifici, letterari le porte si spalancano anche per cene, feste e convegni. Qualcuno, intanto, storce il naso a vedere l’ascensore che spicca, nel mezzo della piazza delle Armi, inglobata in un totem color ocra. Un monolite alieno nel mezzo di una rocca antica è troppo anche per un fantasy avveniristico. Intanto tra tavole rotonde, concerti, presentazioni, al Castello c’è spazio anche per la movida. Fa discutere una cena organizzata da un noto circuito bancario (che poi tanto diversa da un banchetto nuziale non è), e un party a tema rum che aveva trasformato piazza delle Armi in piazza dei for lady.
Chi siederà sul trono?
Tra attese, ritocchi e tentativi, sta per scriversi un nuovo capitolo per il Castello. La vecchia società tornerà alla carica? Qualche organizzatore di eventi tenterà il colpaccio? La gara andrà deserta ancora e ancora e poi si procederà per altre vie? Come nelle migliori serie, aspettiamo la prossima stagione.