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Tinto, Graziadio e Trecroci: «Adamo vero segretario del Pd di Cosenza». E citano Turco e Ciacco

I tre consiglieri comunali di Palazzo dei Bruzi intravedono nell'ex vicepresidente della Regione il deus ex machina della segretaria Caligiuri e chiamano in causa anche i colleghi di maggioranza

Tinto, Graziadio e Trecroci: «Adamo vero segretario del Pd di Cosenza». E citano Turco e Ciacco

«Abbiamo avuto modo di apprendere dalla stampa delle nuove, confuse accuse che il segretario cittadino del Pd (che per chiarezza nei confronti dei lettori d’ora in avanti chiameremo Nicola Adamo) ha inteso indirizzare nei nostri confronti, rei di aver formato un gruppo consiliare al Comune di Cosenza e quindi meritevoli di espulsione dal Partito democratico». La nuova sortita mediatica è di Gianfranco Tinto, Francesco Graziadio e Aldo Trecroci, i tre consiglieri di Palazzo dei Bruzi cancellati dall’albo degli iscritti del Pd.

Il riferimento è alle parole di Rosi Caligiuri, segretaria del circolo bruzio, che nei giorni scorsi aveva risposto ai tre una volta appreso del ricorso presentato alla commissione di garanzia regionale. Li aveva invitati a rientrare nel gruppo consiliare del Pd così da chiudere la vicenda. Posizione questa ribadita anche ieri da Enza Bruno Bossio nell’intervista rilasciata al nostro network.

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«Proveremo – dicono i tre – ancora a spiegare le nostre ragioni anche se risulta evidente che niente, proprio non riesce a capire quello che abbiamo già chiaramente esposto in un paio di conferenze stampa: troppa la distanza nel modo di intendere la politica e l’impegno nelle attività istituzionali. Il ritornello suonato da Adamo è sempre lo stesso: Graziadio, Tinto e Trecroci hanno abbandonato il gruppo consiliare del Pd perché vogliono contrattare direttamente con il sindaco un posto in giunta, un assessorato. E come si permettono? – si legge tra le righe – questo è quello che faccio io da trent’anni e nessun altro si deve permettere anche solo di pensarci. E infatti noi non ci pensavamo proprio».

Pd Cosenza, i casi di Ciacco e Turco

«Colpito nelle sue più granitiche convinzioni – aggiungono riferendosi ancora all’ex vicepresidente della Regione – Adamo non ha potuto fare altro che applicare lo statuto il quale in maniera inequivocabile afferma il principio secondo il quale “chi viene eletto in una lista del Pd deve essere iscritto al gruppo consiliare dello stesso partito”. Questo invece non è vero, perché lo statuto dice altro. Dice, fra i vari commi dell’articolo 3, che il Partito democratico non può tesserare un consigliere comunale che non sia membro del gruppo consiliare del Pd. Senza nessuna distinzione riguardo alla lista in cui è stato eletto L’interpretazione secca ed ineccepibile è, quindi, che la tessera non andava rilasciata a Graziadio, Tinto, Trecroci, Turco e Ciacco».

Si tratta di altri due consiglieri comunali che fanno parte del gruppo consiliare “Franz Caruso sindaco” e che comunque hanno la tessera dei democrat in tasca. Ciacco, in particolar modo, è anche il capogruppo in Provincia. «Ci scusiamo con i colleghi Turco e Ciacco per averli tirati in ballo e che vogliamo insieme a noi nel partito, ma l’esempio serve solo a chiarire come Nicola Adamo pieghi lo statuto ad un uso del tutto discrezionale. Ne prende le parti che convengono a lui, ignorando tutto il resto come se fosse irrilevante. Noi, per esempio – dicono ancora i tre consiglieri espulsi dal Pd di Cosenza – abbiamo formato un gruppo consiliare autonomo facendo riferimento all’articolo 1 dello statuto. E se l’articolo 1 viene prima dell’articolo 3 è perché è più importante. E l’articolo 1 recita che gli organismi del partito si devono riunire periodicamente, devono assicurare la democratica partecipazione di tutti alle decisioni, promuovere il dibattito e la militanza degli iscritti e degli eletti».

Secondo Tinto, Graziadio e Trecroci «a Cosenza tutto questo non succede. Mai. L’assemblea cittadina è stata riunita una sola volta in due anni: per poter diramare un documento contro di noi. In quella sede ci è stato anche detto che non era vero, che il partito era vivo e combattivo. Eppure, da quel 4 gennaio, non è stata più convocata. Nemmeno una volta – proseguono -. Non abbiamo parlato di città unica, di autonomia differenziata, dei problemi della città, dei problemi della provincia, del nuovo corso del partito targato Schlein, dei risultati delle Europee. Non abbiano parlato di lavoro, di diritti negati, di violenza di genere, di urbanistica e saccheggio del territorio. Non abbiano parlato di sanità, di disagio sociale, di questioni ambientali, di reddito di cittadinanza. Non abbiano parlato di niente».

Il motivo del ricorso contro l’espulsione

«Il punto è questo, ma Nicola Adamo non riesce proprio a capirlo: perché per lui va bene così, mentre noi siamo per un Pd aperto, democratico, che si confronta con cittadini e simpatizzanti in modo costante, capace di ascoltare senza pregiudizi e farsi sempre portavoce dei bisogni dei più deboli. Per questo abbiamo fatto ricorso contro la nostra espulsione. Perché a rappresentare il Pd Cosenza siamo noi, non chi lo ha distrutto in trent’anni di ostinata incapacità politica. Un’ultima cosa – dicono Tinto, Graziadio e Trecroci -. Il comunicato di Nicola Adamo si conclude con torbidi riferimenti ad una presunta “questione etica e morale”. Lascia intendere, in modo poco trasparente, che la nostra posizione sia stata dettata da interessi economici. Siccome Cosenza è una città piccola e le storie personali e politiche sono note alla gran parte dei lettori, lasciamo che a giudicare siano loro».

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