Cosenza, corteo motorizzato per ricordare Antonio Ruperti
A un anno dalla morte del sedicenne avvenuta a seguito di un incidente in una traversa di via Panebianco, due persone sono indagate per omicidio stradale
Dodici mesi senza Antonio Ruperti. A un anno esatto dal tragico incidente stradale, avvenuto in una traversa di via Panebianco e costato la vita allo sfortunato sedicenne, una messa in suo suffragio sarà celebrata oggi, 9 settembre 2024, nella chiesa di San Francesco Nuovo in via Popilia. La celebrazione religiosa, tempo permettendo, sarà preceduta da un corteo motorizzato che partirà dal cimitero per attraversare poi il centro città e culminare in via Martorelli, nel luogo del tragico incidente, davanti al murale realizzato dagli amici di Antonio.
La ricorrenza triste fa il paio con l’inchiesta giudiziaria ancora ferma alla chiusura delle indagini preliminari. Due persone, infatti, rischiano di finire sotto processo con l’accusa di omicidio stradale: si tratta del poliziotto Gianmarco Minervino, l’uomo alla guida della Jeep Renegade coinvolta nello scontro, e di Valentino De Francesco, il proprietario della motocicletta, peraltro sprovvista di assicurazione, che Ruperti aveva in uso nel giorno per lui fatale. L’incauto affidamento del mezzo al ragazzo, all’epoca minorenne e sprovvisto di patentino, è, secondo la Procura, sufficiente a configurare anche una sua responsabilità. Si è ancora in attesa della fissazione di una data utile per lo svolgimento dell’udienza preliminare.
Il 9 settembre del 2023, la tragedia all’incrocio tra via Falvo e via Martorelli. Proprio quest’ultima è la strada che, quel giorno, la Jeep percorre con l’intenzione di attraversarla tutta fino a via Sesti e piegare poi a sinistra in direzione del tribunale. Giunto al fatidico incrocio, il poliziotto che è alla guida aziona il freno, ma non arresta la marcia. Il risultato è che si immette in via Falvo proprio nel momento in cui da destra arriva la moto guidata da Ruperti.
L’urto fa sbandare la due ruote che percorre qualche metro e urta contro un marciapiede. Quest’ultimo impatto ha un effetto catapulta: Ruperti viene sbalzato dalla sella e, dopo un volo di una decina di metri, va a sbattere in modo rovinoso contro il muro di una palazzina. Non muore sul colpo, riesce persino a rialzarsi, ma morirà poche ore dopo in ospedale a causa delle numerose emorragie interne determinate dallo schianto.
Per ricostruire nel dettaglio le fasi dell’incidente, gli investigatori si sono avvalsi di un video, estrapolato da una telecamera di sorveglianza, che documenta le drammatiche fasi dell’impatto tra la Jeep e la moto. Nel filmato si riconosce l’auto, con a bordo tre agenti della questura in borghese, che procede a poco meno di trenta km orari. Il conducente rallenta, la segnaletica gli impone di dare la precedenza, ma non arresta del tutto la marcia. S’immette lentamente in via Falvo proprio nel momento in cui sopraggiunge la moto con in sella Ruperti.
Secondo i periti che hanno lavorato alla ricostruzione cinematica dell’incidente, il sedicenne avvista l’ostacolo ancora prima che il conducente della Jeep si accorga di lui. Ciò nonostante, non sterza né frena. Va dritto addosso al Renegade bianco. Pensava di riuscire a passare prima della Jeep o magari non si è accorto del suo passaggio? La distrazione di un secondo, al più un secondo e mezzo, anche questo potrebbe aver giocato un ruolo in una vicenda fatta da tante piccole circostanze sfortunate, che sommate fra loro, portano alla tragedia di un anno fa.
A tutto questo si aggiunge una logistica tra le più sfavorevoli. Non a caso, gli automobilisti che arrivano a quell’incrocio da via Martorelli, si ritrovano con la visuale ostruita da un muro alto due metri e ricoperto dall’edera. Per capire se da destra stanno per sopraggiungere altri veicoli, devono per forza impegnare quell’incrocio di almeno un paio di metri. Insomma, è quasi certo che un campo visivo anche solo un po’ più ampio, avrebbe consentito al poliziotto di avvedersi con largo anticipo dell’arrivo della moto. E invece, purtroppo, se n’è accorto solo quando se l’è vista piombare addosso.
In quei giorni, sia il filmato che gli accertamenti eseguiti dai tecnici, smentiscono in modo categorico le voci, circolate con insistenza nell’immediatezza, di un inseguimento tra la Jeep e la moto andato in scena, quel giorno, sulle strade di Cosenza, e conclusosi nel modo più tragico possibili. Sospetti infondati, ma destinati a generare tensioni che, all’epoca, raggiungono l’acme dopo i funerali di Antonio, quando un corteo motorizzato di amici e conoscenti del ragazzo sfila davanti alla questura cittadina al grido di «Assassini, assassini». Una brutta pagina, destinata però a non ripetersi. Sarà una manifestazione «pacifica» annunciano, infatti, gli organizzatori del corteo odierno che, attraverso Facebook, invitano i partecipanti a non lasciare slogan ed esporre striscioni insultanti. «Fatelo per Antonio e per i suoi genitori», è l’appello che lanciano alla vigilia dell’ora più mesta.