Una settimana dopo l’inizio della sua collaborazione con la giustizia, Ivan Barone ha raccontato ai magistrati della Dda di Catanzaro dei suoi presunti rapporti illeciti con Marco Perna, figlio dello storico boss Franco, oggi detenuto al 41 bis. Un racconto che parte dall’inizio del nuovo secolo. “In riferimento al mio percorso criminale, riferisco che nel 2004 0 2005, uscivo dal carcere dopo aver scontato un definitivo di 6 anni e 2 mesi, e subito entravo in rapporti con Marco Perna, che conoscevo da tempo, il quale mi ha subito consegnato 3 kg di hashish per riprendere l’attività di spaccio». E aggiunge: «In particolare, intorno al 2006/2007, sono stato destinatario di un’attività di perquisizione nella mia abitazione, in cui abitavo con mio fratello Gianluca Barone, nella quale sono stati rinvenuti circa 35 grammi di cocaina, 2,5 kg di hashish e una pistola “winchester” calibro 7.65 funzionante, ancorché in vecchio stato di conservazione e che, per quanto a mia conoscenza, non era stata mai utilizzata» dichiara Barone.

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«All’esito di questa attività di perquisizione, io e mio fratello venivano tratti entrambi in arresto dai carabinieri di Cosenza, dopo tre giorni io venivo scarcerato perché mio fratello si assumeva l’esclusiva responsabilità dei delitti contestati, sebbene sia lo stupefacente che la pistola erano nella mia esclusiva responsabilità» discolpando quindi il fratello «condannato a una pena di circa due anni e mezzo».
Sempre Barone, nel corso dell’interrogatorio, precisa che «la pistola winchester calibro 7.64 mi era stata consegnata poco prima di questa perquisizione, come scambio, da Salvatore Ariello, al quale io ho consegnato una calibro 6».

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Barone ricorda poi che «in questo periodo ho quindi continuato a spacciare per conto di Marco Perna e dal cognato Alfonsino Falbo, i quali comunque pretendevano che io ripianassi il debito per la fornitura dello stupefacente che era stato rinvenuto dai carabinieri. Ho quindi accumulato un debito di circa 15-16mila euro dei quali ricordo di aver corrisposto 3mila euro provenienti da un finanziamento. Nel giro di un annetto, tra attività di spaccio e corresponsione di denaro, Marco Perna mi comunicava che il debito era da intendersi sadato».