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Nella notte del 9 ottobre 2017, una bottiglietta di plastica contenente liquido infiammabile e corredata di accendino viene trovata legata con fil di ferro alla maniglia di un bar di Montalto Uffugo. A notarla è una dipendente, che allerta il collega, il quale presenta immediata querela ai carabinieri. L’episodio, ricostruito attraverso riprese video e intercettazioni ambientali, è oggetto del capo 10 del processo Reset, e ha portato a due imputazioni: Francesco Greco come esecutore materiale e Roberto Porcaro quale presunto mandante.
Le indagini svolte dai carabinieri e dalla Dda di Catanzaro hanno permesso di documentare i movimenti dei due soggetti implicati. In particolare, la notte dell’atto intimidatorio, Francesco Greco si reca nei pressi dell’abitazione di Porcaro per caricare nel cofano della propria auto una bicicletta, con l’aiuto di un soggetto rimasto non identificato. I due si dirigono poi nel centro abitato di Montalto, dove il complice — in sella alla bici — effettua un primo sopralluogo dinanzi al bar. Poiché l’esercizio risulta aperto, Greco rinvia l’azione alla sera, affermando: «Ormai la devi fare stasera».
In seconda battuta, i due tornano sul posto. Greco aiuta nuovamente il complice con la bicicletta, che stavolta si reca al locale per posizionare la bottiglia incendiaria, prima di dileguarsi. Il tutto è documentato dalle immagini di videosorveglianza, che immortalano l’uomo con «giubbotto grigio scuro, cappuccio e cappello con visiera» mentre, alle 01:31, esegue il gesto intimidatorio, legando la bottiglia infiammabile alla porta del bar.
Greco confessa e viene condannato
Per il giudice, non sussistono dubbi sulla responsabilità di Francesco Greco, che nel frattempo ha intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia e ha ammesso di essere stato l’autore materiale dell’intimidazione. «L’imputato – si legge in motivazione – confermava di essere stato autore della tentata estorsione» durante l’interrogatorio del 20 settembre 2023.
Assolto invece Roberto Porcaro
Diversa la valutazione del gup Giacchetti nei confronti di Roberto Porcaro, accusato di aver ordinato l’atto estorsivo. L’unico elemento a suo carico è il fatto che la bicicletta usata per il reato sia stata prelevata nei pressi della sua abitazione, dato che il giudice giudica «troppo debole per poter fondare una condanna». Nonostante la somiglianza con altri due episodi contestati a Porcaro nei capi 11 e 12, dove è stato invece riconosciuto come mandante, nel caso del bar montaltese manca un collegamento diretto.
Metodo mafioso riconosciuto
Il gup del tribunale di Catanzaro ha riconosciuto pienamente la sussistenza dell’aggravante mafiosa, stante la «modalità tipica dell’intimidazione, con posizionamento di bottiglia incendiaria e finalità di agevolare l’associazione mafiosa di cui al capo 1». Confermata inoltre l’aggravante della persona travisata, dato che l’autore del gesto indossava un cappuccio e un cappello, e quella delle “più persone riunite”, coerentemente con la giurisprudenza della Cassazione: «È sufficiente la simultanea presenza di almeno due soggetti nel momento e nel luogo dell’azione, anche se uno solo pone in essere la minaccia», scrivevano le Sezioni Unite nel 2012.