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«Vai affanculo, prepara centomila euro se no salti con una bomba tu e la tua famiglia». Per comprendere quanto intensa sia stata, nel biennio 2018-2019, la pressione della ‘ndrangheta cosentina in tema di esercizio del racket, basta scorrere in rassegna le intercettazioni e le denunce allegate agli atti dell’inchiesta “Reset”. Decine e decine sono infatti le telefonate intimidatorie ricevute in quel periodo dagli imprenditori della provincia. Da Luzzi a Bisignano, passando per Carolei e Montalto fino alla città capoluogo, nessuno poteva dirsi al riparo da richieste estorsive che, non a caso, arrivavano puntuali tanto a casa quanto sul posto di lavoro della vittima di turno. Il messaggio toccante citato in apertura e rivolto a un installatore di caldaie dell’hinterland vale come esempio tra i più rappresentativi, ma ce ne sono di più espliciti.
Ne sa qualcosa il titolare di una ditta montaltese che si occupa di manutenzione per conto di una grossa azienda di telefonia. Il 2 agosto del 2018 anche lui riceve una telefonata poco amichevole durante cui l’interlocutore gli ricorda che «il 15 sta arrivando». Si riferisce al giorno di Ferragosto, una delle tre date canoniche – le altre sono Pasqua e Natale – in cui la malavita provvede a riscuotere il pizzo. «Trovati n’amico buanu ca sinnò zumbi all’aria» gli intima l’anonimo rackeeter dall’altro capo del filo. L’uomo ignorerà il suo suggerimento, preferendo rivolgersi ai carabinieri.
Il 2019, invece, non si apre sotto i migliori auspici per gli imprenditori della zona di industriale di Rende. Nei primi giorni di gennaio, infatti, diversi di loro trovano accendini o bottigliette fissate con lo scotch ai cancelli dei rispettivi capannoni. Segue un giro di telefonate per un messaggio a reti unificate: «In pratica mi ha detto che avrebbero bruciato tutto, ma io ho chiuso subito la conversazione» spiegherà uno dei bersagli designati agli investigatori.
La distribuzione dei gelati può essere un affare redditizio. I primi due anni di attività filano lisci per l’investitore cosentino che avuto l’intuizione, ma un brutto giorno di febbraio 2019 arriva anche per lui il redde rationem: il suo telefonino trilla e subito dopo una voce cavernosa gli ricorda che «Pisciatù, da ora in poi devi pagare».
L’elenco di telefonate è sterminato. I toni restano sempre minacciosi e sopra le righe, ma talvolta sono meno sbrigativi. Con il responsabile della ditta edile di Rende che poco prima ha trovato una molotov sul cantiere, è tempo di presentazioni: «Simu chiri i Cusenza, n’adi dà ‘na cinquanta…». Che sta per cinquantamila euro.
Non tutti, però, si lasciano intimorire. L’impresario cosentino al quale i clan tentano di estorcere denaro a marzo del 2019 ha la lingua dritta. Incalza l’anonimo telefonista con domande del tipo «Chi sei? Come ti chiami?», indugia in convenevoli con lui tanto da stimolarne la furia: «Ma ti pensi che sto scherzando?». Quell’altro, però, non molla: vuole sapere con chi sta parlando. «Non ti interessa chi sono – è la replica – prepara i soldi e basta». La risposta finale corre sul filo della genialità: «Vuoi i soldi? E viani ti i ricoglia. Ma vieni mo’. Proprio mo’. Che ce li ho in tasca».