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La Cassazione, nei giorni scorsi, ha depositato le motivazioni secondo le quali Giuseppe Borrelli, imprenditore di Altomonte, deve rimanere in carcere, come stabilito in prima istanza dal gip distrettuale di Roma e poi dal Riesame capitolino. Gli ermellini infatti hanno dichiarato inammissibile il ricorso avanzato dal 52enne, accusato di smaltimento illecito di rifiuti nel Lazio, essendo a capo di una presunta organizzazione criminale dedita a quel tipo di reato.
Giuseppe Borrelli, raggiunto nei mesi scorsi anche da un sequestro preventivo emesso dalla Dda di Catanzaro per essere “contiguo” ai gruppi mafiosi della Sibaritide, era stato arrestato dalla Dda di Roma, nel dicembre del 2021, insieme ad altri soggetti legati alla Piana di Sibari e non solo. Sia il gip che il Tdl romano avevano confermato la misura cautelare della custodia in carcere, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza che avevano giustificato l’applicazione della misura inframuraria.
Cosa lamentava Giuseppe Borrelli
Secondo la difesa le esigenze cautelari erano insussistenti in considerazione del fatto che le condotte risalivano al 2018, nonché che il sequestro della società ECOTER, per il tramite della quale venivano posti in essere i reati ambientali contestati al ricorrente, escludevano in radice l’attualità del pericolo di reiterazione.
A giudizio di Giuseppe Borrelli, la motivazione era carente anche in ordine alla scelta della misura custodiale, in quanto i giudici del riesame hanno ritenuto necessaria la detenzione carceraria esclusivamente in considerazione della possibilità da parte di Giuseppe Borrelli, di continuare a porre in essere reati della specie avvalendosi della rete di dipendenti, collaboratori e prestanome giù utilizzati in precedenza, senza tenere in considerazione la richiesta di far eseguire gli arresti domiciliari a Altomonte e, quindi, in luogo lontano da quello di commissione dei reati. La custodia cautelare in carcere non era adeguata alla gravità dei fatti contestati e le esigenze cautelari potevano esser soddisfatte con l’applicazione di misure meno afflittive.
Cosa scrive la Cassazione su Giuseppe Borrelli
«I Giudici del riesame, facendo buon uso dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, hanno indicato gli elementi da cui desumere la gravità indiziaria, con particolare riguardo al contenuto delle conversazioni intercettate dalle quali è stato desunto, con motivazione logica e perciò incensurabile in sede di controllo di legittimità, il ruolo di dominus rivestito da Giuseppe Borrelli, nell’ideazione ed attuazione della complessa e sistematica attività illecita oggetto di indagine» scrive la Cassazione.
«Il Tribunale ha confutato l’obiezione difensiva avente ad oggetto la mancanza d rapporti tra Borrelli e la ‘ndrangheta, sottolineando che non è stata contestata al ricorrente la partecipazione ad associazioni di stampo mafioso né l’aggravante di cui all’art. 416 bis 1, con conseguente inconferenza ed irrilevanza della mancanza di prova in ordine alla contiguità con ambienti mafiosi segnalata dalla difesa»
«L’ulteriore doglianza con la quale il ricorrente ha lamentato che gli inquirenti non abbiano, nonostante il continuo monitoraggio dell’attività illecita, riscontrato una flagranza nello sversamento di liquami è stata ritenuta, con motivazione esaustiva e congrua, irrilevante in quanto frutto di una scelta discrezionale del Pubblico Ministero» evidenzia la Cassazione, circa il reclamo presentato da Giuseppe Borrelli.
«Il Tribunale ha affermato, con motivazione logica e conforme alle risultanze investigative, che la natura illecita degli smaltimenti di reflui è comprovata dalle videoregistrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria, dai monitoraggi delle cisterne che comprovano il mancato conferimento dei liquami presso centri autorizzati allo smaltimento, dall’accertata falsità dei formulari dei rifiuti e dal contenuto delle conversazioni intercettate» concludono gli ermellini.