Parlando con i magistrati della Dda di Catanzaro Roberto Porcaro, ex “reggente” degli italiani di Cosenza, ha descritto come funzionava l’attività di usura all’interno della ‘ndrangheta cosentina. Oggi invece il collaboratore di giustizia riferisce su Carlo Drago e altri suoi ex sodali, precisando diversi punti contenuti nei capi d’imputazione.

«Con riferimento agli altri rapporti debito-credito indicati nel capo 20 in cui figurano Carlo Drago e Giovanni Drago, come coloro che hanno erogato i prestiti, devo precisare che io non conosco personalmente i soggetti a cui queste somme venivano date in prestito ma mi limitavo, secondo il meccanismo già descritto, a dare i soldi con l’attività di usura a Carlo Drago» dichiara il pentito Porcaro.

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Versione che l’ex boss cosentino conferma anche per un altro capo d’accusa. «Io mi limitavo a fornire a Carlo Drago i capitali da prestare ad usura, ma siccome lui fungeva da garante, non avevo un elenco dei soggetti a cui il denaro veniva prestato bensì solo una rendicontazione dei proventi che mi spettavano a seguito dello svolgimento dell’attività usuraia». E precisa: «In tal senso devo anche chiarire che Carlo Drago, storicamente molto vicino a Mario Piromallo, effettuava da sempre attività di usura e il denaro da concedere in prestito gli veniva dato non solo da me ma anche da Salvatore Ariello. Per questa ragione – conclude Porcaro – devo dire che rispetto a tutte le vicende di prestito di usura in cui sono indicato come imputato, non posso dire con certezza se il denaro oggetto del prestito, in ogni singola occasione, provenisse direttamente ed esclusivamente da me, da Salvatore Ariello o da altro soggetto appartenente alla nostra associazione criminale, o addirittura dallo stesso Carlo Drago».