Domenico Carzo è arrivato a un passo dall’indossare il grembiulino del Grande Oriente d’Italia in un tempio massonico della Capitale. Il 39enne è per i giudici uno dei fondatori della prima Locale di ’ndrangheta a Roma. Figlio del boss Antonio, è stato condannato a 16 anni in primo grado nel processo Propaggine. E proprio tra le carte di quell’inchiesta viene richiamato il suo tentativo di entrare nel Goi, sventato quasi per caso da un medico calabrese. 

Se ne fa cenno anche nelle motivazioni della sentenza: «Carzo stava cercando di entrare in una loggia massonica» grazie all’intervento di due garanti. Si tratta di Antonio Francesco Orlando, odontoiatra e già assessore di Vignola fino al 2006, non indagato nell’inchiesta, ed Eugenio Mengarelli Denaro, commercialista che si offre di spiegargli quali sono i requisiti per l’ammissione. Orlando sarebbe stato il garante di Carzo nel percorso per l’accettazione. Tutto sembra procedere nel verso giusto ma, tra i due che «avrebbero dovuto garantire per lui», c’è un medico calabrese che avrebbe «rivelato i precedenti» dei suoi familiari. (Continua a leggere l’articolo su Lacnews24.it)