Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Quattro misure di carcere duro, emesse tutte insieme, non si vedevano da tempo, a Cosenza come altrove. Pareva infatti che negli ultimi anni il ricorso al 41 bis fosse stato un po’ accantonato in tutta Italia, ma evidentemente era solo uno stop temporaneo, probabile contraccolpo del vespaio sollevato dal caso Cospito. Il decreto ministeriale che inasprisce le misure detentive è stato emesso nei giorni scorsi a carico di Francesco Patitucci, Adolfo D’Ambrosio e dei fratelli Luigi e Marco Abbruzzese. Si tratta di quattro capi o presunti tali della ‘Ndrangheta cosentina riunita in confederazione, tutti ristretti nell’ambito del procedimento “Reset”. Solo quattro su novantadue imputati in carcere, segno di provvedimenti mirati che segnano comunque una certa discontinuità con un passato in cui il 41 bis, a queste latitudini, veniva dispensato con più generosità.
In tal senso, i primi casi risalgono alla seconda metà degli anni Novanta e riguardano gli esponenti della vecchia guardia cittadina come Franco Perna, Gianfranco Ruà e Mario Musacco. Arrestati in occasione del blitz “Garden” e successivamente a seguito dell’inchiesta “Ciak” sconteranno buona parte della pena in regime di carcere duro. Di quel gruppo primigenio fa parte anche Patitucci, non ancora boss indiscusso della consorteria, che assaggerà i rigori del 41 bis anche dal 2011 al 2016, all’epoca della sua seconda condanna per associazione mafiosa. In precedenza, il ricorso a questo strumento andava di pari passo con ogni operazione antimafia. Era un epilogo quasi scontato. Singolare il caso di Vincenzo Dedato che rimasto in carcere dal 2006 al 2007 – operazione “Squarcio” e poi “Luce” – attraverserà i rigori del 41 bis senza battere ciglio. E una volta tornato in libertà, decide a sorpresa di collaborare con la giustizia.
Proprio in quel periodo, il ricorso al carcere duro comincia a crescere in modo esponenziale. Nel 2008 parte a Cosenza il processo “Missing”, con gli esponenti dei vecchi clan Pino-Sena e Perna-Pranno alla sbarra per una trentina di omicidi delle guerre di mafia degli anni Ottanta. In occasione della prima udienza, il 41 bis viene notificato a ben undici di loro. Una vera e propria informata che tocca, fra gli altri, Pasquale Pranno, Giulio Castiglia, Giovanni Abbruzzese, Domenico Cicero. Le misure saranno poi revocate nel giro di pochi mesi per alcuni, anni per altri. Fra il 2012 e il 2013, ci finiscono anche i boss Ettore Lanzino e Franco Presta, appena usciti da un lungo periodo di latitanza. Sono ancora lì da allora.
Il picco di provvedimenti si tocca tra il 2015 e il 2016, epoca dell’inchiesta “Nuova famiglia”. In quel caso si procede a manica larghissima. Al carcere duro non vengono assegnati solo i presunti boss del gruppo – Maurizio Rango e Franco Bruzzese – ma anche gregari come Daniele Lamanna, Ettore Sottile, Gennaro Presta, Domenico Mignolo, Antonio Abbruzzese. Per quest’ultimo gruppo l’esperienza si rivelerà di breve durata. Nello stesso periodo, analoghe restrizioni colpiscono Mario Gatto, Rinaldo Gentile, Gianfranco Bruni e ancora D’Ambrosio. È l’ultima grandinata, seguita da una tregua che si protrae per qualche anno. Ora, però, a Cosenza ha ricominciato a piovere.