Il Tribunale accoglie la linea dell’avvocato Gianpiero Calabrese: «Il fatto non sussiste». La perizia medica smentisce la ricostruzione iniziale
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Il Tribunale di Paola ha assolto Michele Trotta dall’accusa di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti in seguito a un incidente stradale avvenuto a Paola il 3 maggio 2022. Il giudice monocratico, accogliendo integralmente la linea difensiva dell’avvocato Gianpiero Calabrese, ha pronunciato sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste», escludendo qualsiasi stato di alterazione psicofisica e il nesso causale tra l’assunzione di sostanze e il sinistro. Trotta era accusato di aver guidato il proprio motociclo Honda SH300 «in stato di alterazione fisica e psichica correlata all’uso di cannabinoidi», dopo essere rimasto coinvolto in un sinistro. Le analisi cliniche dell’ospedale di Paola avevano evidenziato tracce di sostanze, ma non furono mai riscontrati sintomi compatibili con l’assunzione recente di stupefacenti.
La linea difensiva
La difesa ha dimostrato, attraverso documentazione medica e assicurativa, che l’incidente non fu causato da Trotta, bensì dal conducente dell’altra vettura, poi riconosciuta responsabile e condannata al risarcimento di oltre 6mila euro in favore dello stesso Trotta da parte di una compagnia assicurativa. Le risultanze della compagnia, corredate da foto dei luoghi e verbali di pronto soccorso, hanno smentito la ricostruzione iniziale dei Carabinieri intervenuti sul posto.
L’assenza di alterazione
Dal verbale medico acquisito agli atti risulta che, all’arrivo in pronto soccorso, Trotta presentava parametri vitali normali. «Dati - ha osservato la difesa - che non coincidono con alcuno stato di alterazione psicofisica dovuto all’assunzione di droghe». L’uomo, nonostante i traumi riportati, era lucido e collaborativo, descrivendo con precisione la dinamica del sinistro.
Trotta aveva inoltre accettato spontaneamente di sottoporsi ai test tossicologici, risultando positivo a basse tracce riconducibili, secondo la consulenza difensiva, all’assunzione di farmaci antinfiammatori e cortisonici prescritti per patologie pregresse, tra cui esiti di intervento chirurgico al ginocchio. Tali sostanze - ha ricordato l’avvocato Calabrese - «sono note per determinare falsi positivi ai cannabinoidi». Il giudice ha accolto la tesi difensiva, secondo cui la positività riscontrata non dimostrava né un’effettiva alterazione né la causalità con l’incidente.

