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Non solo estorsioni, usura e traffico di droga. Il collaboratore di giustizia Roberto Porcaro conferma di aver partecipato anche alla presunta intestazione fittizia di auto in favore di Rosanna Garofalo, ex moglie del boss di Cosenza Francesco Patitucci. Si tratta del capo 145 dell’ordinanza cautelare di “Reset“, la maxi indagine della Dda di Catanzaro contro la ‘ndrangheta cosentina.
Il pentito chiarisce alcuni passaggi contenuti nell’imputazione. «Rosanna Garofalo, già probabilmente a partire dal 2017 aveva noleggiato una Mercedes GLE per il tramite di Antonio Lucà. Rispetto al ruolo di Lucà non ricordo se fosse proprio lui il titolare del contratto del noleggio a lungo termine della predetta vettura o se piuttosto tale contratto fosse intestato al fratello di Rosanna Garofalo» dichiara Porcaro agli investigatori.
Dalla Mercedes alla BMW
«Quello che posso dire è che però della gestione della vicenda se ne occupava Lucà» aggiunge il pentito. «Nel corso della durata del contratto di noleggio, però, siccome Lucà non era puntuale nel pagamento del canone di locazione è capitato, più volte, che la macchina venisse bloccata dalla concessionaria che la concedeva in locazione, tramite un meccanismo di controllo a distanza, con l’effetto che la Garofalo rimaneva nell’impossibilità di utilizzare l’autovettuea». Così, spiega Porcaro, «la Garofalo mi rappresentò questa situazione di disagio e soprattutto mi rappresentò il timore che l’inconveniente di rimanere nell’indisponibilità dell’auto per effetto del blocco a distanza, potesse verificarsi in occasione dei viaggi dalla stessa effettuati per recarsi a colloquio con il marito detenuto Francesco Patitucci».
Porcaro quindi decide di intervenire. «Mi incontrai con Lucà a casa della Garofalo e decidemmo che bisognava sostituire la Mercedes GLE noleggiata con un’altra autovettura BMX modello X6 che però era un auto di proprietà – e non più a noleggio – di cui Lucà doveva fare acquisire la materiale disponibilità alla Garofalo».
I veicoli di Porcaro
Sulla scia di quanto detto in precedenza, l’ex “reggente” degli italiani riferisce anche sul capo d’accusa 146, dov’è imputato in concorso con Carmine Caputo. «I veicoli che sono indicati nel capo d’imputazione erano effettivamente di mia proprietà, tuttavia, li facevo intestare fittiziamente a Carmine Caputo per un duplice ordine di ragione: il primo era per evitare che fossero individuati come beni di mia proprietà, il secondo era perché Carmine Caputo aveva una partita iva che gli consentiva di risparmiare nei passaggi di proprietà. Ogni passaggio di proprietà gli costava circa 100 euro».