Nel processo Reset, tra le figure centrali chiamate in causa dalla Dda di Catanzaro c’è anche Andrea Mazzei, noto consulente finanziario, per il quale l’accusa ha chiesto una condanna a 21 anni di carcere. Nelle scorse ore, i suoi difensori, gli avvocati Michele Franzese e Sergio Rotundo, hanno discusso a lungo in aula, puntando a smontare, capo per capo, il pesante impianto accusatorio.

Processo Reset, la partecipazione alla confederazione mafiosa

Per oltre quattro ore di discussione complessiva, i legali hanno sostenuto l’assoluta insussistenza della condotta partecipativa di Mazzei al presunto sodalizio di ‘ndrangheta. «Non risultano contatti con i vertici della confederata né con Francesco Patitucci, indicato come capo. Gli unici riscontri riguardano contatti occasionali con Roberto Porcaro, del tutto scollegati dalla mafia e dall’attività professionale del dottor Mazzei».

Secondo la difesa, la requisitoria della procura si è fondata su una lettura parziale e suggestiva delle intercettazioni. Al contrario, sono state richiamate in aula numerose conversazioni che smentirebbero l’impianto accusatorio. «In oltre dieci anni d’indagine – hanno ricordato – Mazzei compare solo in un arco temporale di quattro mesi, da dicembre 2018 ad aprile 2019, e non risulta coinvolto in alcuna operazione di mafia nel Cosentino».

Leggi anche ⬇️

Particolarmente significativa, per la difesa, è la sentenza della Corte di Cassazione in fase cautelare, che aveva escluso l’aggravante mafiosa per i reati contestati al consulente. «La Procura non ha mai dimostrato che Mazzei abbia fatto guadagnare un centesimo al clan né che abbia ricevuto soldi dal sodalizio criminale».

Settimo Caffè e TM House

Sulle truffe ipotizzate in relazione alle società “Settimo Café” e “TM House”, la difesa ha evidenziato la totale assenza di indagini specifiche: «Nessuna verifica in loco, nessuna acquisizione di documenti contabili, nessun sopralluogo per accertare se le attività fossero realmente operative. Eppure, è emerso in aula che le due attività erano effettivamente aperte e frequentate». Il locale, situato a Settimo di Montalto Uffugo, fino al giorno del sequestro, era senza dubbio tra i più frequentati della zona.

Le presunte estorsioni

Sulle presunte estorsioni, i legali hanno sottolineato come nessuna delle persone offese abbia riferito di minacce o violenze. Anzi, diversi testimoni hanno dichiarato di aver ricevuto aiuto da Mazzei, sia sul piano personale che professionale. «Il Pubblico Ministero ha completamente ignorato queste testimonianze durante la requisitoria».

Intestazione fittizia e concorso in lesioni

Secondo la difesa, mancano elementi concreti a sostegno dell’intestazione fittizia di società e dell’ipotesi di concorso morale con Porcaro in un episodio di lesioni. «Tutto si basa su interpretazioni arbitrarie di intercettazioni analizzate solo in parte dalla Procura».

Il caso Invitalia

Infine, in merito al presunto episodio di corruzione, la difesa ha citato l’interrogatorio del luogotenente della Guardia di Finanza Gigliotti, durato oltre dieci ore. Sottoposto a controesame, l’ufficiale ha dichiarato di non essere in grado di indicare alcuna pratica in cui il funzionario di Invitalia avrebbe agevolato Mazzei nell’ottenimento di fondi pubblici.