Nel processo Reset, la difesa dei fratelli Massimo, Emma e Aldo Andrea D’Ambrosio ha proseguito con decisione nel contestare le accuse mosse nel corso del dibattimento. L’avvocata Amelia Ferrari ha messo in luce numerose contraddizioni nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, evidenziando in particolare come alcuni incontri e reati fossero impossibili, soprattutto in riferimento al fratello di Massimo, Adolfo D’Ambrosio, coinvolto in fatti riferiti a periodi in cui era detenuto in regime di 41 bis.

Durante l’udienza odierna sono state sollevate diverse questioni giuridiche, in particolare riguardo al reato di esercizio abusivo del credito, ma la difesa ha contestato anche tutte le altre imputazioni rivolte a Massimo D’Ambrosio, sottolineando la totale assenza di prove concrete. Questo vuoto probatorio è emerso sia dalle testimonianze raccolte, sia dagli approfondimenti documentali acquisiti dal Tribunale su richiesta della difesa stessa.

Un punto centrale del dibattimento ha riguardato le intercettazioni utilizzate nelle indagini. La difesa ha sottolineato come queste provenissero da un procedimento penale differente e ha fatto riferimento a una recente sentenza delle Sezioni Unite, evidenziando inoltre la mancanza dei registri delle attività di intercettazione, indispensabili per verificare le operazioni del captatore informatico impiegato nelle indagini contro Massimo D’Ambrosio.

Sulla questione del reato di voto di scambio politico mafioso, la difesa ha ribadito l’assenza totale di prove concrete, anche considerando le testimonianze rese dai pubblici ministeri durante il processo.

Per quanto riguarda Aldo Andrea D’Ambrosio, la difesa ha chiarito che dal 2017 al 2019 egli era in regime di detenzione carceraria, poi agli arresti domiciliari presso Scalea, con il divieto assoluto di comunicazioni telefoniche o telematiche con persone esterne ai familiari conviventi. Emma D’Ambrosio, inoltre, non risulta coinvolta in alcun favoreggiamento. La difesa ha anche sottolineato come le sporadiche dazioni di denaro e la lontananza dal padre non possano costituire dolo per integrare il reato contestato.

Alla luce di quanto emerso, la difesa ha formalmente richiesto l’assoluzione di tutti gli imputati o, in alternativa, la riqualificazione per Massimo D’Ambrosio del reato di associazione mafiosa in associazione semplice, qualora fosse ritenuto responsabile.

A sostegno di queste posizioni, la difesa ha depositato una corposa memoria scritta, arricchendo ulteriormente il quadro difensivo.

Le questioni giuridiche e le evidenti lacune nelle prove finora raccolte preannunciano un prosieguo del dibattimento molto serrato, con una forte attenzione alla verifica puntuale delle evidenze e all’applicazione rigorosa del diritto, in attesa di una decisione che possa finalmente chiarire la posizione di Massimo, Emma e Aldo Andrea D’Ambrosio.