Non fu stipulato alcun patto elettorale politico-mafioso tra l’allora candidato a sindaco di Rende, Marcello Manna e Massimo D’Ambrosio, ritenuto dalla Dda di Catanzaro il presunto “reggente” del gruppo criminale originariamente guidato dal fratello Adolfo, nel 2019 ancora detenuto al 41 bis per l’inchiesta Vulpes.

A sostenere questa tesi nel processo Reset è stato l’avvocato Nicola Carratelli, difensore di Marcello Manna. L’avvocato penalista sei anni fa si ricandidò per guidare il Comune di Rende. Vinse al ballottaggio con Sandro Principe, oggi ritornato a guidare il Comune oltre il Campagnano dopo oltre 10 anni.

La gestione del Palazzetto dello Sport

Secondo la Dda di Catanzaro, Marcello Manna avrebbe promesso la gestione del Palazzetto dello Sport di Rende ai fratelli D’Ambrosio in cambio di voti. I pubblici ministeri Vito Valerio e Corrado Cubellotti hanno invocato una condanna a 10 anni di carcere per il legale cosentino.

Il penalista Nicola Carratelli ha illustrato in circa tre ore di discussione le ragione della difesa. Secondo l’avvocato di fiducia di Marcello Manna, il patto, all’origine del reato di corruzione, non sarebbe mai stato stipulato da come sostenuto dalla Dda né i D’Ambrosio avrebbero procacciato voti in favore di Manna. Sempre Carratelli ha evidenziato i nuovi dettami della Cassazione. In particolare, con la sentenza n. 14631 del 12 dicembre 2022 (depositata il 6 aprile 2023), la sesta sezione penale si è espressa in merito alle prove necessarie per dimostrare il reato di scambio elettorale politico-mafioso, previsto dall’articolo 416-ter del codice penale.

La pronuncia aveva tenuto conto delle modifiche legislative che hanno riscritto integralmente questa norma, a partire dalla legge 17 aprile 2014, n. 62, fino alla legge 21 maggio 2019, n. 43. In particolare, la Corte si è soffermata sul caso in cui l’accordo politico-elettorale avvenga con un esponente della criminalità organizzata che agisce come singolo individuo (cioè uti singulus), e non necessariamente in rappresentanza dell’intera organizzazione mafiosa. Affrontando questo tema, l’avvocato Carratelli ha dichiarato che non vi è prova della presunta condotta illecita contestata a Massimo D’Ambrosio. A tal riguardo, ha ricordato Carratelli, vi sono anche sentenze del 2025.

L’altro capo d’accusa

Riguardo al secondo capo d’accusa, Manna non si sarebbe messo d’accordo con Tonino Manzo per voti in cambio di posti di lavoro nelle cooperative, mentre con Agostino Briguori c’era un rapporto di stima professionale, in quanto Manna aveva difeso l’imprenditore cosentino in altri procedimenti.

Da Stola a Castiglione

L’avvocato Carratelli ha anche discusso la posizione di Giuseppe Bartucci. Prima di lui, le arringhe difensive dell’avvocato Antonio Quintieri, che ha ribaltato le ricostruzioni accusatorie nell’interesse degli assistiti Francesco Stola, Remo Prete, Rosaria Abbruzzese e Michele Castiglione. Il legale, dal suo punto di vista, ha criticato i passaggi della requisitoria, evidenziando che gli imputati per i quali è stata avanzata sentenza di condanna non hanno commesso i reati contestati, essendo estranei, inoltre, ad organizzazioni criminali di stampo mafioso.

Il processo Reset è stato aggiornato al 4 luglio, mentre le repliche dei pm e le controrepliche difensive sono previste il 10 luglio. Poi i giudici entreranno in Camera di consiglio.