‘Ndrangheta a Cosenza, ricostruita in aula l’ascesa dei fratelli D’Ambrosio
Udienza del maxiprocesso "Reset" dedicata al presunto gruppo criminale di stanza a Rende, sul banco dei testimoni un maresciallo dei carabinieri
La genesi del presunto gruppo D’Ambrosio, con un focus sulla diarchia di consanguinei che ne ha retto le sorti fino al primo settembre del 2022. Sono questi i temi toccati oggi da Alfredo Lucanto, maresciallo dei carabinieri chiamato a testimoniare sulla scena del processo “Reset“. Si è parlato ovviamente dei fratelli Adolfo e Massimo D’Ambrosio, con quest’ultimo definito dal testimone come «la figura più carismatica del gruppo”, tant’è che tutti «facevano riferimento a lui quando Adolfo era detenuto».
Tra i suoi must, secondo Lucanto, c’era l’esercizio abusivo del credito che a volte sconfinava in usura. «Contrattava con le vittime, specie quelle più tentennanti o impossibilitati a pagare, minacciandole anche». Tra le prove evidenziate in aula, oltre alle intercettazioni, la sua agendina sequestrata durante il blitz, una sorta «di libro mastro su cui erano annotati nomi e cifre in denaro».
L’indagine, ha riferito Lucanto, parte con l’usura ai danni di un imprenditore agricolo silano e «da lì si è poi risaliti a tutte le attività dei D’Ambrosio». A presentare l’imprenditore ai D’Ambrosio sarebbe stato Andrea Cello, definito «quello di Fago del Soldato». Con lui si parlava soprattutto «di ortaggi, frutta e verdura”, ma tant’è: «Si occupava proprio di questo». L’obiezione del pm Corrado Cubellotti mira a scansare possibili equivoci. Lucanto raccoglie l’invito e offre l’interpretazione dell’accusa: «Non sono mai state eseguite consegne di ortaggi. Era un tentativo da parte degli intercettati di non far capire di cosa stessero parlando, anche perché poi abbiamo documentato un passaggio di denaro».
C’è poi una conversazione con Fabiano Ciranno in cui «si parla proprio di usura, in particolare si fa riferimento a un soggetto che in quel momento era sotto Massimo D’Ambrosio». Intercettazioni coinvolgono anche Adolfo D’Ambrosio. In un caso, c’è «Ivan Montualdista che parla con Massimo D’Ambrosio di tutte le attività che quest’ultimo svolge per conto del fratello, compresi discorsi sul mantenimento della famiglia e varie attività delittuose».
Prima della sua scarcerazione, i carabinieri captano un dialogo che associano all’estorsione alla “Cascina global service“. In quel caso, Massimo D’Ambrosio avrebbe dato disposizioni a Calderaro «di andare a interloquire con i proprietari per procedere all’assunzione di due soggetti a lui graditi, altrimenti dopo la scarcerazione di Adolfo, oltre alle assunzioni avrebbero dovuto corrispondere anche una somma in denaro». Lucanto ha fatto riferimento anche al celebre summit con Mario Piromallo avvenuto pochi giorni dopo il ritorno in libertà di Adolfo D’Ambrosio. Prontamente stoppato dal collegio difensivo, resta agli atti solo il suo breve accenno alla vicenda.
Cubellotti, con pazienza olimpica, gli ha chiesto di vagliare ogni singolo capo d’imputazione, tracciando la mappa di intercettazioni, riscontri e indizi a supporto delle accuse contro ogni presunto associato del gruppo. L’operazione si è protratta per diverse ore e non è stata neanche portata a termine. Con lui non è ancora finita. Lucanto, infatti, dovrà tornare a Lamezia giovedì 14 marzo, alla ripresa dei lavori, per completare l’esame del pubblico ministero e affrontare poi il controesame degli avvocati. L’udienza del 12 marzo, invece, è saltata per via di un’indisposizione di entrambi i pubblici ministeri assegnati al processo (oltre a Cubellotti c’è Vito Valerio). La seduta odierna, invece, è cominciata con circa un’ora di ritardo a causa di un black out che ha interessato l’aula bunker.
Processo “Reset”, rito ordinario: gli imputati
- Fabrizio Abate (difeso dall’avvocato Filippo Cinnante)
- Giovanni Abruzzese (difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Antonio Quintieri)
- Fiore Abbruzzese detto “Ninuzzo” (difeso dagli avvocati Mariarosa Bugliari e Francesco Boccia)
- Franco Abbruzzese detto “a Brezza” o “Il Cantante” (difeso dall’avvocato Antonio Quintieri)
- Rosaria Abbruzzese (difesa dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante)
- Giovanni Aloise detto “mussu i ciuccio” (difeso dall’avvocato Gianpiero Calabese)
- Pierangelo Aloia (difeso dall’avvocato Giulio Tarsitano)
- Armando Antonucci detto il dottore (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere)
- Rosina Arno (difesa dagli avvocati Luca Acciardi e Fiorella Bozzarello)
- Ariosto Artese (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Giorgio Misasi)
- Rosario Aurello (difeso dall’avvocato Ferruccio Mariani)
- Danilo Bartucci (difeso dall’avvocato Giuseppe Manna)
- Giuseppe Bartucci (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Nicola Carratelli) (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati)
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