La decisione del tribunale di Cosenza: il fuoco era di piccole dimensioni, rifiuti non pericolosi e nessun rischio concreto per l’ambiente
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Il Tribunale di Cosenza ha assolto A. L., imprenditore agricolo di San Marco Argentano, dall’accusa di combustione illecita di rifiuti. L’uomo era finito a processo per aver appiccato il fuoco a materiali di scarto – tra cui cassette e tubi in plastica – in un terreno vicino alla propria azienda, il 17 dicembre 2021. Il giudice monocratico ha riconosciuto la speciale tenuità del fatto, ritenendo che l’episodio, pur sussistente, non fosse penalmente rilevante ai fini della punizione.
L'intervento dei carabinieri
La vicenda era nata da una segnalazione di residenti della zona di San Marco Argentano Scalo, che avevano notato una colonna di fumo provenire da un’area rurale. All’arrivo dei carabinieri, il rogo era già stato domato. Sul posto erano presenti l’imputato e due braccianti agricoli. A terra, secondo quanto verbalizzato dagli agenti, c’era un’area di circa 5 metri per 4 contenente resti bruciati, tra cui plastica e gomma.
Analisi tecniche e difesa
A pochi giorni dall’episodio, il titolare dell’azienda ha commissionato a proprie spese un’analisi del materiale combusto. Il tecnico incaricato ha escluso la presenza di rifiuti pericolosi. Ciò ha avuto un peso importante nella valutazione finale del giudice.
La decisione del tribunale
Nelle motivazioni della sentenza, emessa il 17 luglio 2025, il giudice ha riconosciuto che il fatto in sé sussiste – l’imputato avrebbe voluto effettivamente eliminare dei rifiuti derivanti dalla sua attività agricola – ma ha valutato diversi elementi attenuanti: le fiamme interessavano una porzione molto contenuta di terreno; il rogo era presidiato da tre persone; le condizioni climatiche invernali e l’area paludosa circostante rendevano improbabile un’estensione delle fiamme.
Non sono stati accertati danni ambientali rilevanti, né vi era presenza di rifiuti tossici. La condotta secondo il giudice appare isolata: non risultano episodi analoghi a carico dell’imputato.
Da qui, la decisione di assolvere l’uomo (difeso dall’avvocato Luigi Caravelli) in base all’art. 530 del Codice di procedura penale, con la formula della «non punibilità per particolare tenuità del fatto».