Un andirivieni di auto, consumatori in cerca di droga, che convergono tutte verso la stessa direzione: la casa di uno spacciatore. A vigilare sul traffico, sia in entrata che in uscita, ci pensano le vedette appostate agli angoli della strada. In gran parte minorenni, pronte a dare l’allarme alla vista dei «cani», cioè delle forze dell’ordine, come le chiamano loro. In un caso, addirittura, per spostare la merce da un appartamento all’altro, sarebbero stati utilizzati anche dei bambini.

Sembrano scene tratte dalla fiction “Gomorra”, ma è accaduto per davvero a Cosenza, nel rione San Vito, dove tra luglio e settembre del 2020 una telecamera piazzata dai carabinieri ha immortalato un vasto traffico di erba e cocaina messo in piedi da alcuni residenti del posto. Un business davvero remunerativo, tant’è che in soli due mesi sono state quasi mille le cessioni di stupefacenti documentate a mezzo video. Numeri imponenti, resi tali dalla presenza di una clientela per lo più abituale che, non a caso, nel periodo d’osservazione è stata vista entrare e uscire dal quartiere a cadenza pressoché quotidiana.  

L’inchiesta relativa a quei fatti – nome in codice “Santu Vitu” – conta per il momento quattordici indagati, ma non ha ancora innescato arresti o misure cautelari a carico delle persone coinvolte. Ciò si è verificato perché a investigazioni in corso, è emerso con certezza che a sovrintendere a quel traffico era la criminalità organizzata, in particolare quella a componente italiana. E così, dopo aver svolto tutte le attività che c’erano da svolgere sul campo, la Procura di Cosenza guidata da Mario Spagnuolo ha tramesso gli atti alla Dda di Nicola Gratteri. L’intero fascicolo, dunque, è confluito nella maxi-inchiesta “Reset” ed è ora in attesa di definizione. I nomi degli indagati sono ancora coperti da segreto istruttorio.

Oltre alla droga, l’inchiesta ha consentito di inquadrare sempre nell’alveo di “Santu Vitu” gli autori del saccheggio di diversi tabacchini operati ancora nel 2020 in località della costa tirrenica. E non solo. Un focus è riservato anche alla pericolosità sociale di alcuni componenti del gruppo criminale.   Dalle intercettazioni, infatti, è emerso come gli stessi fossero soliti risolvere le controversie – sia d’affari che private – a suon di pestaggi e sparatorie e che uno di loro progettasse persino l’acquisto di armi da guerra.